Aumenta la fame nel mondo. Mons. Giordano: uno scandalo insopportabile
Aumenta il numero degli affamati nel mondo: è l’allarme lanciato oggi a Roma dal direttore
generale della FAO, Jaques Diouf. A causa del rialzo dei prezzi alimentari le persone
senza cibo sono passate da 850 milioni a quota 925 milioni. Quali le responsabilità
della comunità internazionale e in particolare dell’Europa? Ascoltiamo in proposito
mons. Aldo Giordano, nuovo osservatore permanente della Santa Sede presso il
Consiglio d’Europa, al microfono di Sergio Centofanti: R.
– La prima cosa direi che l’Europa deve prendere sul serio questo dramma, perché forse
ci siamo abituati troppo ad ascoltare questi numeri e non più scandalizzarci e soffrirli
fino in fondo. Prendere coscienza che non è sopportabile questa situazione, addirittura
della morte per fame di migliaia e migliaia, milioni di persone. E d’altra parte,
credo che l’Europa debba cercare di riposizionarsi nello scacchiere mondiale. L’Europa
è stata capace di superare una frontiera che la divideva attraverso un muro, recentemente,
e adesso credo che debba sempre più rendersi conto che la nuova frontiera è il rapporto
tra se stessa – l’Europa – e gli altri continenti. Quindi deve posizionarsi su queste
frontiere e vedere la responsabilità che ha nei riguardi degli altri continenti: per
l’America Latina con la quale ha un legame storico e culturale fortissimo, con l’Africa
per le sofferenze speciali che l’Africa sta vivendo, con l’Asia che è il continente
veramente nuovo, che credo sia la grande sfida del futuro storico. Credo che l’Europa,
solo assumendosi le sue grandi responsabilità, abbia la possibilità di ritrovare se
stessa, quindi di ritrovare la sua grande cultura, la sua grande tradizione, di ritrovare
la sua identità. Quindi, l’Europa può riscoprire veramente il grosso contributo che
può dare agli altri continenti e che, d’altra parte, può ricevere dagli altri continenti.
D.
– Tanti immigrati vengono in Europa, spinti dalla fame. Lei afferma che il mondo sta
cambiando il volto dell’Europa e che l’Europa non deve chiudersi …
R.
– Il mondo sta riducendo sempre più velocemente lo spazio, il mondo diventa sempre
più piccolo. Quindi, attraverso le comunicazioni, attraverso lo sviluppo scientifico
e soprattutto attraverso le migrazioni noi stiamo realizzando questo famoso “villaggio
globale”. E quindi, questa riduzione dello spazio ci impone dei problemi nuovi. Finché
il mondo era molto grande, finché i popoli erano lontani, potevamo almeno illuderci
che ci fosse spazio per tutti, che ci fossero risorse per tutti e che ci fosse spazio
per le diversità culturali. Nel momento in cui tutto si gioca nella stessa casa, allora
improvvisamente ci accorgiamo che c’è un problema di risorse, c’è un problema di energie,
c’è un problema di ambiente, c’è un problema di incontro tra le culture, di convivenza
tra le culture e tra le religioni. Quindi, questa velocità della riduzione dello spazio
cambia veramente il volto dei Paesi e cambia il volto del mondo. Questo esige, secondo
me, un salto di qualità: cioè, bisogna scoprire una nuova fraternità o una nuova profondità
della fraternità, perché più siamo vicini più dobbiamo scoprire di essere fratelli,
altrimenti rischiamo veramente lo scontro: scontro di culture e scontro di civiltà.
D.
– Lei, dal primo settembre, è entrato nelle sue funzioni di osservatore permanente
della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa. Quali le principali sfide?
R.
– Come lei sa, io ho un’esperienza europea che dura ormai da 13 anni, come segretario
del Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa, e sono contento quindi di potere
ancora mettere al servizio della Chiesa questa esperienza che ho potuto accumulare.
E vedendo qui, dai primi giorni al Consiglio, e guardando la mia esperienza di anni,
vedo che più all’interno, le sfide, le domande sono quelle di riscoprire il cristianesimo,
quindi superare una certa ignoranza del cristianesimo, ritrovare strade di unità tra
i cristiani – quindi la realtà ecumenica – trovare strade di collaborazione con le
grandi religioni. E, rispetto al mondo, abbiamo altre grandi sfide: come contribuire
alla pace; il discorso della Georgia e della Russia di questi giorni ci ripropone
il fatto che anche a casa nostra esistono dei rischi enormi. Abbiamo la sfida della
fame – che abbiamo citato – e questo è lo scandalo che noi dobbiamo tenere vivo e
a cui possiamo contribuire. Abbiamo la sfida dell’ambiente: il Papa sta insistendo
in questi tempi sul fatto che la nostra casa rimanga abitabile anche per le generazioni
future. Sono questi i temi per i quali vedo una sensibilità anche all’interno del
Consiglio d’Europa. Credo che, allora, noi possiamo starci dentro e dare il nostro
contributo.