Un giro d’affari stimato in miliardi di dollari, che uccide ogni giorno più di mille
uomini, donne e bambini. Sono dati allarmanti quelli contenuti nell’ultimo rapporto
di Amnesty International che, alla vigilia della riunione d’ottobre dell’Onu, rilancia
la sua battaglia contro il traffico indiscriminato delle armi da fuoco. “Il tempo
per un Trattato sul commercio degli armamenti è adesso – scrive l’organizzazione internazionale
-. I governi possono continuare a ignorare le terribili conseguenze del trasferimento
irresponsabile delle armi, oppure inserire una “norma inderogabile” sui diritti umani
che salvi davvero vite umane”. Amnesty International chiede dunque ai leader mondiali
di concretizzare l’idea di “una normativa inderogabile”, che possa finalmente contribuire
a fermare le conseguenze catastrofiche di questo commercio. Il rapporto, intitolato
“Sangue al crocevia”, propone un esame approfondito sui parametri e l’ambito di applicazione
del trattato in fase di discussione all’ONU. Il tutto partendo da uno studio delle
aree di conflitto, come la Guinea, l’Iraq e il Darfur, dove il traffico di armi privo
di regole comporta preoccupanti violazioni dei diritti umani. “I governi – prosegue
Amnesty - devono impedire i trasferimenti degli armamenti laddove vi sia il rischio
che possano essere usati per compiere gravi violazioni dei diritti umani e del diritto
internazionale”. Un’accusa diretta che Amnesty International muove, in particolar
modo, nei confronti di alcuni Stati, come la Cina, la Russia e gli Stati Uniti, intenzionati,
secondo l’organizzazione, a bloccare tutte le proposte sul tavolo dell’ONU, per proseguire
“indisturbati il loro commercio degli armamenti”. (D.B.)