Messaggio del Papa all'ONU: "l'intera famiglia umana possa godere dei benefici della
globalizzazione". La riflessione di mons. Migliore
Ricordando “con gratitudine” la visita compiuta al Palazzo di Vetro ad aprile scorso,
il Papa ha espresso parole di saluto e preghiera in occasione della Celebrazione ecumenica
che si è svolta ieri alle Nazioni Unite alla vigilia dell’apertura dell’Assemblea
generale. Il messaggio del Papa, a firma del Segretario di Stato cardinale segretario
di Stato Tarcisio Bertone, è stato letto dall’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore
permanente della Santa Sede presso l’ONU. Il servizio di Fausta Speranza:
“Guida e
forza necessarie per affrontare le urgenti sfide dei prossimi mesi”: è quanto auspica
il Papa per le Nazioni Unite. Assicurando la sua preghiera, Benedetto XVI rinnova
il suo appello ai leader internazionali affinché si riapproprino “di un’alta visione
morale e di trascendenti principi di giustizia”. E’ un appello rinnovato perché si
tratta di uno dei punti del discorso che Benedetto XVI ha pronunciato in occasione
della visita alle Nazioni Unite lo scorso aprile. In quell’occasione, ci sono state,
poi, parole sul principio di sussidiarietà che dovrebbe animare la “famiglia di nazioni”
e i suoi obiettivi di sviluppo, non dimenticando appunto “l’Africa o altre parti del
mondo che rimangono ai margini di un autentico sviluppo integrale”. Forte il monito
in tema di ricerca scientifica e tecnologica: “Nonostante i benefici che l’umanità
può trarne – aveva detto Benedetto XVI all’ONU – alcuni aspetti della loro applicazione
rappresentano una chiara violazione dell’ordine della creazione, sino al punto in
cui non soltanto viene contraddetto il carattere sacro della vita, ma la stessa persona
umana e la famiglia vengono derubate della loro identità naturale”. Inoltre, nel 60.mo
anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, il Papa ha detto
che “la promozione dei diritti umani rimane la strategia più efficace per eliminare
le disuguaglianze tra Paesi e gruppi sociali, come anche per un aumento della sicurezza”.
Resta da dire che il Papa, nel suo messaggio di ieri all’ONU, nomina anche alcune
di quelle che definisce “urgenti sfide”: innanzitutto i cosiddetti ‘obiettivi del
Millennio’; poi “il programma NEPAD, New Partnership for Africa’s Development, e le
altre iniziative volte ad assicurare che l’intera famiglia umana condivida i benefici
della globalizzazione”. Su questo punto abbiamo chiesto all’arcivescovo
Celestino Migliore quanto siamo lontani dal raggiungere gli obiettivi del
millennio:
R.
– Gli obiettivi del millennio sono otto precisi obiettivi stabiliti nel 2000 dai capi
di Stato e di governo al fine di raggiungere un livello di superamento della fame,
delle epidemie come l’HIV, la mortalità materna e infantile, e anche di garantire
l’accesso all’istruzione primaria, all’acqua, alle pari opportunità uomo-donna entro
il 2015. Rimangono una buona quarantina di Paesi che sono molto indietro …
D.
– Mons. Migliore, nel discorso all’ONU dell’aprile scorso, Benedetto XVI ha denunciato
quello che ha definito “l’ovvio paradosso di un consenso multilaterale che continua
ad essere in crisi a causa della sua subordinazione alle decisioni di pochi”. Nella
sua esperienza di osservatore, quanto è grave questo paradosso?
R.
– Credo che sottolineando quel particolare paradosso, il Papa abbia toccato il vero
problema della riforma dell’ONU, che purtroppo sembra segnare il passo. La formula
– cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza con il diritto di veto – fu
il risultato di un’ingegneria di politica internazionale che 60 anni fa permise, almeno,
di organizzare l’ONU. Ma oggi non funziona più! Ci vuole maggiore e grande rappresentatività
dei Paesi, delle culture, delle economie ma soprattutto si deve trovare una soluzione
anche al veto: per esempio lo si potrebbe rendere parificato sia per numero sia per
questioni sulle quali si esercita. Altrimenti, si rischia la paralisi e l’ingiustizia
internazionale!
D. – Mons. Migliore, sempre in occasione
della sua visita alle Nazioni Unite, Benedetto XVI ha detto che “il rispetto dei principi
che sono alla base dell’ordine internazionale non deve mai essere interpretato come
un’imposizione indesiderata e una limitazione di sovranità”. Nella questione georgiana
questo può aiutare a far riflettere i vari leader internazionali?
R.
– Certo, perché tra questi principi ce n’è uno che si sta facendo strada lentamente,
ma con buone promesse, cioè quello della responsabilità di proteggere. Per tanto tempo
questo principio è stato interpretato – e purtroppo viene ancora interpretato oggi
– per giustificare mire espansionistiche sia territoriali, sia etniche o culturali.
L’ONU, nel 2005, lo inserì in un suo documento importante soprattutto per indicare
l’intervento umanitario con mezzi pacifici o mezzi armati, se necessario, laddove
un governo non può o non vuole proteggere la sua popolazione. La cosa importante è
che nel suo discorso all’ONU Papa Benedetto XVI ha allargato e messo questo principio
in un nuovo promettente contesto, cioè la responsabilità di proteggere è il nome nuovo
di governo, di autorità, di sovranità. La sovranità e il governo sono sì dati da procedure
democratiche, ma soprattutto consistono in una responsabilità dei governanti di proteggere
e di promuovere le popolazioni.
D. – Mons. Migliore,
nel 60.mo della Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo a che punto è nel mondo il rispetto
del diritto di libertà religiosa?
R. – Direi che
ci sono luci ed ombre, ma in questi tempi se pensiamo a quanto sta accadendo nello
Stato di Orissa, in India, prevalgono le ombre. Il punto è che troppi Paesi, culture,
tradizioni interpretano questo diritto alla libertà religiosa come spettante ad un
territorio, ad una cultura, ad una religione particolare, per cui se in quella regione
la maggioranza ha sempre praticato quella determinata religione, non c’è spazio per
altre, anzi: altre religioni sono considerate come una minaccia da contenere o da
respingere. Il diritto alla libertà della religione spetta alle persone, agli individui
ed ai gruppi. Quando governi, società civili – religioni comprese – si concentreranno
su questo vero senso del diritto della libertà religiosa, penso che avremo un rispetto
molto maggiore in tutto il mondo della libertà della religione.