India: la violenza anticristiana si estende dall'Orissa al Karnataka
La violenza contro i cristiani in Orissa si sta estendendo ad altri Stati della Federazione
indiana. L'allarme giunge ora dallo Stato del Karnataka, nel sud ovest dell'India,
dove domenica scorsa attivisti radicali indù hanno attaccato diverse chiese, luoghi
di culto e istituzioni cristiane. Il cardinale Varkey Vithayathil, presidente della
Conferenza episcopale, ha condannato fermamente i nuovi episodi di violenza, affermando
che “gli attacchi contro i cristiani sono manifestazioni di una crescente intolleranza
di alcuni settori della società che continuano a sfidare i diritti costituzionalmente
garantiti ai cittadini di questa nazione”. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
“Chiediamo
loro – afferma il porporato, le cui parole sono state rirprese dall'agenzia Fides
- di intraprendere la strada del dialogo e del rispetto altrui per il confronto su
ogni questione di natura politica, sociale o religiosa''. I vescovi hanno poi ribadito
la loro posizione contro ogni forma di violenza che mina la convivenza civile, facendo
appello a tutti i cittadini dell'India: ''Come nazione non possiamo permettere di
farci risucchiare nel vortice degli istinti primitivi di conflitto e distruzione.
La comunità cristiana vive in India in maniera pacifica anche in questo momento, sottoposta
a provocazioni e violenze''. ''Questo atteggiamento - afferma ancora la Chiesa indiana
- non va interpretato come debolezza, ma come un'opzione preferenziale basata sui
principi del vivere civile. La comunità cristiana continua a rendere il proprio servizio
a tutti i settori della società indiana, senza alcuna discriminazione. Intanto accuse
infondate di conversioni fraudolente vengono lanciate da quanti hanno come scopo la
polarizzazione sociale sulla base del credo religioso. Noi, come cittadini responsabili,
non soccomberemo a questa strategia della divisione ma continueremo a operare, nello
spirito di Cristo, nostro maestro, per l'unità, l'integrità ed il progresso della
nazione''. I vescovi hanno condannato anche i recenti attentati terroristici verificatisi
in alcuni mercati e strade di New Delhi, che hanno provocato la morte di almeno 20
persone ed il ferimento di altre 100. Gli attentati sono stati rivendicati dal gruppo
militante dei ''Mujaheddin Indiani''. La Chiesa ha espresso cordoglio e solidarietà
alle vittime e alle loro famiglie, affermando che ''tali gesti codardi non hanno alcun
riguardo per la vita umana e per la sua sacralità”.
Dal
sud dell'Orissa le violenze contro i cristiani si sono dunque spostate nello Stato
di Karnataka. Ma dietro questi attacchi ci sono motivazioni diverse rispetto a quelle
che hanno innescato, recentemente, drammatiche violenze nello Stato di Orissa? Amedeo
Lomonaco lo ha chiesto a padre Bernardo Cervellera, direttore dell'agenzia
AsiaNews:
R. – Sono
sempre le stesse: l’obiettivo è di cercare di fermare i cristiani per bloccare le
cosiddette “conversioni forzate” o “conversioni manipolate” al cristianesimo. Questo
era anche all’origine degli attacchi in Orissa.
D.
– Il timore, adesso, è che le violenze in una regione possano ispirare attacchi in
altre zone. Cosa si deve fare per evitare questo possibile effetto domino?
R.
– Certo, il governo dovrebbe fare di più perché il governo indiano è fondato sulla
laicità dello Stato e, quindi, dovrebbe permettere a tutti di cambiare religione e
di vivere la fede nella libertà più totale. Il problema è che si riscontra ormai,
in diversi casi, anche nel Karnataka, in Kerala - come è avvenuto in
Orissa - che la polizia in qualche modo o è inerte oppure sembra patteggiare proprio
per i fondamentalisti indù.
D. – A proposito di polizia,
le autorità del Karnataka avevano rivelato, nei giorni scorsi, che erano al corrente
di possibili attacchi contro i cristiani...
R. –
Secondo diversi osservatori indiani, il problema è che nel mondo della polizia c’è
anche molta corruzione. C’è anche simpatia verso un nazionalismo indù che vuole affermare
l’induismo, non semplicemente come religione di una parte degli indiani ma di tutta
l’India e come cultura dell’India. Va aggiunta una cosa: che in tutti questi Stati
c’è il dominio del Bharatiya Janata Party, partito induista all’opposizione.
Questo partito cerca di mettere delle leggi anticonversione e protegge i fondamentalisti
indù.
D. – Gli estremisti, nello stato di KarnataKa,
hanno agito quasi simultaneamente. Questo fa pensare ad un preciso piano contro i
cristiani…
R. – C’è questo piano di volere ‘ripulire’
l’India dai cristiani, soprattutto di voler ‘ripulire’ l’India da tutte le presenze
diverse dall’induismo. La stessa cosa avviene contro i musulmani e contro altre religioni.
Il problema è che verso i cristiani è più facile perché non hanno armi e non rispondono
con la violenza.
D. – In questa situazione così difficile,
quali passi devono compiere i cristiani per salvaguardare il dialogo e cercare anche
di far riprendere il cammino della pace?
R. – Sia
suor Nirmala, la superiora delle suore di madre Teresa, sia i diversi vescovi, hanno
sottolineato che i cristiani desiderano soltanto essere liberi di proclamare la loro
fede, di testimoniarla. Poi, nel servizio quotidiano, si vede la qualità del loro
cristianesimo.