2008-09-14 14:47:25

Elezioni cruciali in Rwanda per rafforzare la pace interetnica


Domani il Rwanda alle urne per le elezioni legislative. Tra i candidati ci sono molte donne, diversi giovani e anche un rappresentante per i disabili. Non si prevedono sorprese e sembra scontata l’affermazione di 3 partiti che governano attualmente il Paese. Ampiamente favorito è il partito di maggioranza, il Fronte patriottico rwandese, guidato da Paul Kagame, attuale presidente della Repubblica. Sul significato di questo voto, si sofferma al microfono di Stefano Leszczynski, Daniele Scaglione, esperto di questioni rwandesi:RealAudioMP3


R. – Sono elezioni anche abbastanza complesse: il partito del presidente è un partito che in realtà raduna una coalizione di sei partiti più piccolini, per un totale di 80 candidati, poi ci sono altri due partiti - quello dei socialdemocratici e del partito liberale – con una sessantina di candidati l’uno, e naturalmente non sono partiti, come dire, molto ostili alla maggioranza, perché i partiti più ostili - o visti in maniera più ostile alla maggioranza del governo – che sono una dozzina, a queste elezioni non partecipano proprio.

 
D. – Kagame è il presidente del Rwanda dopo il genocidio; quanto è ancora sentito e quanto influenza le scelte politiche dei rwandesi quel drammatico accadimento?

 
R. – Gli elettori, naturalmente, ci pensano alle vicende del genocidio, che, come dicono loro, "è avvenuto ieri" - il genocidio è del ’94 – ed è stato talmente devastante, ha rivoltato completamente il Paese non solo in termini di morti, ma anche in termini di sfollati, in termini di distruzione dei sistemi economici, sociali, ecc..., per cui è chiaro che incide. Incide forse anche in fatti in cui il Rwanda è un po’ all’avanguardia: penso a tutti i posti che vengono riconosciuti alle donne, e anche ai giovani, e anche ai portatori di handicap. I portatori di handicap, in Rwanda, spesso sono portatori di handicap perché hanno subito qualche mutilazione o qualche danno durante il genocidio. I giovani sono una componente importantissima, perché i giovani si sono ritrovati, uccisi i loro genitori durante il genocidio, a diventare capifamiglia; quindi, in tutti questi aspetti, si vede il segno del genocidio, che ancora c’è ed è forte ed è presente.

 
D. – Fa un po’ specie l’assenza di una vera e propria opposizione in questo confronto politico. Il fatto che votino anche i membri della diaspora può influenzare, in qualche modo, il destino politico del Rwanda o è ininfluente?

 
R. – No, io credo che il destino politico del Rwanda, nel senso di quali sono le forze politiche che lo vanno a governare, sia abbastanza segnato e non credo che ci saranno da aspettarsi grandi sorprese. Il fronte patriottico rwandese, nelle elezioni parlamentari del 2003, aveva avuto il 74% dei consensi dei seggi parlamentari; non c’è dubbio che Kagame, con le sue forze, governa con il classico pugno duro, però il Rwanda è anche un Paese che evolve molto dal punto di vista economico, dal punto di vista sociale, e io credo che le elezioni siano una tappa importante ma c’è dietro tutto uno sviluppo di questo Paese - che è stato straordinario dal tempo del genocidio ad oggi - che andrà avanti e con cui poi le forze politiche dovranno fare i conti.







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