Uganda: le vittime delle mine antiuomo lottano per reintegrarsi nella società
Il gruppo dei sopravvissuti alle mine anti-uomo di Gulu-Amuru – due distretti dell’Uganda
– conta 876 persone, tutte rimaste gravemente colpite a seguito dell’esplosione di
un ordigno. Per loro reinserirsi nel proprio Paese, tornato recentemente alla pace,
è particolarmente difficile. Questa la testimonianza di una delle attiviste del Gruppo,
Irene Laker Odwar, raccolta dall’agenzia News from Africa e diffusa da Redattore Sociale:
“La maggioranza delle vittime è molto giovane. Per noi manca l'assistenza medica ed
è impossibile lavorare. Alcuni dei nostri familiari e membri della comunità non ci
vogliono: credono che portiamo più seccature che altro”. Ad alcuni di questi problemi,
soprattutto sul fronte sanitario e lavorativo, dati i ritardi del governo, fanno fronte
associazioni umanitarie, ma la loro azione non è sufficiente. Il Nord Uganda è appena
emerso da due decenni di conflitto armato fra l’LRA (sedicente Esercito di Liberazione
del Signore) e il governo, un conflitto che ha devastato la regione e ha costretto
almeno due milioni di persone a fuggire dalle loro case per vivere negli accampamenti.
Secondo la Campagna Internazionale per Bandire le Mine Antiuomo (ICBL) in numerose
zone del Paese la minaccia degli ordigni inesplosi è ancora grave e, anche se il numero
delle vittime, soprattutto nei villaggi, è ad oggi sconosciuto, si sa che il 30% sono
bambini. (S.G.)