Dopo 5 mesi di crisi politica, con un Paese sull’orlo del baratro, c'è stata una svolta
ieri sera in Zimbabwe: Robert Mugabe – che mantiene la carica di presidente - ed il
capo dell'opposizione del Movimento per il cambiamento democratico, Morgan Tsvangirai
– che diventa premier - hanno siglato l'accordo per la condivisione del potere. L’intesa,
che verrà firmata ufficialmente lunedì prossimo ad Harare, segna la nascita del governo
di unità nazionale. Ma come definire questo accordo? Salvatore Sabatino lo
ha chiesto alla professoressa Anna Bono, docente di Storia ed Istituzioni dell’Africa
presso l’Università di Torino:
R. - Questo
accordo può essere considerato un’ennesima grande sconfitta della democrazia, perché
questa intesa, se è vero che mette fine a una crisi politica, ignora del tutto la
volontà popolare. Una volontà che era stata molto chiara, molto esplicita quando,
a marzo, aveva dato al capo dell’opposizione Morgan Tsvangirai, il 47 e oltre di preferenze
alle presidenziali. Il presidente in carica Robert Mugabe aveva conquistato circa
il 42% dei voti. Poi si è andati ad un ballottaggio al quale ha partecipato un’unica
persona, il presidente in carica. Mugabe ovviamente ha vinto. Poi si è assistito ad
una serie di negoziati che hanno portato a questa conclusione. Si tratta di una conclusione
che, oltretutto, lascia poco convinti: tutti sappiamo che in Africa, quando si forma
un governo di unità nazionale o di coalizione, di solito le parti contendenti decidono
di spartirsi il potere, riconoscendo di non essere riuscite e di non poter conquistare
completamente l’apparato statale. Purtroppo questo avviene non tanto nel pubblico
interesse, quanto piuttosto per dividersi tutti i vantaggi privati e personali che
l’accesso alle risorse di un Paese garantisce. D. – Certamente
la convivenza tra Robert Mugabe e Morgan Tsvangirai non sarà semplice; questo accordo,
secondo lei, concretamente, è destinato a fallire o si può sperare in una nuova fase
politica per lo Zimbabwe? R. – Tutto dovrebbe far pensare all’incompatibilità
tra questi due personaggi, che hanno giocato la loro credibilità su fronti e su programmi
abbastanza diversi. Se è corretto il senso dell’accordo - cioè che le parti
in causa hanno deciso di spartirsi l’apparato statale - l'intesa verrà mantenuta ed,
effettivamente, si creerà questo governo di unità nazionale. Il punto interrogativo
fondamentale è se questo governo di unità nazionale, risolvendo una crisi politica,
risolverà anche la crisi più importante: quella economica, terrificante, che sta devastando
lo Zimbabwe. Sono termini grossi quelli che uso, ma la situazione reale è proprio
questa.