2008-09-09 14:09:25

La Chiesa celebra la memoria di San Pietro Claver, il religioso gesuita che nel Seicento spese la vita per portare aiuto ai neri vittime della tratta schiavista


Il 9 settembre è per la Chiesa il giorno della memoria di San Pietro Claver. Vissuto a cavallo del 1600, Claver, religioso gesuita, consacrò con totale dedizione la propria vita ad alleviare le pene degli schiavi neri, che dall’Angola venivano deportati attraverso l'Atlantico fino in Colombia. La sua storia nel servizio di Alessandro De Carolis:RealAudioMP3

(canto)

Porto di Cartagena, Colombia, un giorno qualunque dopo il 1622. Quella in corso, come il mese precedente o il successivo, è un’importante giornata di traffici. Ha appena attraccato una nave e tra poco dalle sue stive verranno scaricate merci piuttosto pregiate. Attorno alla banchina c’è il consueto fermento fatto di lavoro, calcolo, contrattazione, attesa. E poi le “merci” escono dalle nave, escono da sole, sulle loro gambe malferme. Hanno una catena al collo, ai polsi e ai piedi, e soprattutto quel marchio naturale che li rende così appetibili da queste parti: la pelle nera. Per i mercanti di schiavi che da anni fanno rotta dal Nuovo Mondo verso l’Africa e ritorno, la tratta dei neri è diventato un mercato fiorente e redditizio. E anche il nuovo carico sbarcato a Cartagena promette affari importanti: lo si legge sul viso dei negrieri e su quello dei loro clienti, mentre la frusta cala sulle schiene degli schiavi che vengono ammassati nelle baracche in attesa di conoscere la loro destinazione.

 
In quell’intrico di sguardi avidi, spietati o solo indifferenti a uno spettacolo visto troppe volte per suscitare emozione, da qualche tempo ce n’è uno diverso, nel quale si legge sollecitudine, e pietà. E’ un prete, un gesuita, che i mercanti di schiavi guardano con diffidenza e odio e in tanti con generale disprezzo. Si chiama Pietro Claver, è di Barcellona ma è diventato sacerdote a Cartagena nel 1616. Nel 1622, al momento della professione definitiva, Pietro prende una decisione irremovibile, quasi folle: sarà il prete degli schiavi. Di più, sarà l’“Aethiopum semper servus”, lo schiavo degli “etiopi”, come all’epoca venivano chiamati i neri deportati. Quando ogni mese la nave negriera depone sul molo il suo carico di inermi disperati, Pietro è lì a portare cibo, cure, conforto. Esce in mare per portare qualcosa in aiuto o li raggiunge fin nelle baracche, si ferma a parlare con loro, addirittura arriva a raggruppare col tempo degli interpreti che sappiano parlare i vari dialetti degli schiavi. E non si ferma alla cura del corpo. Pietro trasmette loro il Vangelo, ma prima li sprona a difendere la propria dignità, senza la quale non potrebbe parlare loro dell’amore di Dio.

 
Ovviamente, i benpensanti non possono non storcere il naso. Quel prete sporco, imbrancato fra esseri considerati animali, è di per sé un reietto. Viene accusato di “incauto zelo”, di avere profanato i sacramenti impartendoli a creature che a malapena possedevano un'anima e questo nonostante già nel 1537 Papa Paolo III avesse condannato con una bolla la tratta schiavista. Le donne della buona società di Cartagena si rifiutano di entrare nelle chiese dove Pietro Claver riunisce talvolta i "suoi negri". Anche i superiori del religioso vengono influenzati dalle molte critiche, e tuttavia Pietro continua la sua missione, accettandone le umiliazioni. Per quarant’anni le sue giornate trascorrono così. Poi, un giorno, Pietro si ammala di peste. Patisce le angherie del suo infermiere - un nero - finché l’8 settembre 1654, a 74 anni, il suo cuore cede. La sua figura diventa l’emblema della lotta alla schiavitù: Pietro Claver viene proclamato santo nel 1888, per volere di Leone XIII. L’uomo che ha piantato il seme della fiducia nel fango dei peggiori abusi avrà battezzato alla fine 300 mila schiavi: 300 mila persone strappate alle loro famiglie, che hanno riscoperto grazie al loro servo con la tonaca un nuovo padre in Dio.

 
(canto)







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