In udienza dal Papa un gruppo di vescovi del Paraguay. Il presidente dell’episcopato
paraguaiano: vogliamo una Chiesa-comunione impegnata per il bene del nostro popolo
Benedetto XVI ha ricevuto stamani un gruppo di vescovi del Paraguay impegnati nella
visita ad Limina, che si concluderà sabato prossimo. Il Paese sudamericano conta circa
6 milioni di abitanti, di cui il 91 per cento di religione cattolica. La Chiesa paraguayana
è strutturata in un’arcidiocesi metropolitana, 11 diocesi suffraganee, due vicariati
apostolici, più un Ordinariato militare. Il 15 agosto scorso è entrato in carica il
nuovo presidente del Paraguay, Fernando Lugo, già vescovo emerito di San Pedro. Proprio
questo evento rappresenta una sfida particolare per l’episcopato del Paraguay. E’
quanto sottolinea mons. Ignazio Gogorza Izaguirre, vescovo di Encarnación,
presidente della Conferenza episcopale paraguayana, intervistato da Alina Tufani
del nostro programma ispano-americano:
R. - La prima
sfida che abbiamo in questo momento è il cambiamento dello scenario politico. Finora
abbiamo avuto un presidente che non aveva particolari simpatie per il cattolicesimo
e un governo che è stato al potere per 60 anni. Adesso abbiamo un nuovo presidente,
l’ex vescovo di San Pedro, quindi un nostro confratello che ha perso lo stato clericale.
C’è il desiderio di porre fine alla corruzione che pervade la società paraguaiana
e allo stesso tempo c’è l’attesa di un nuovo orizzonte economico, sociale e politico.
C’è una maggiore libertà di espressione. La seconda sfida è rappresentata dal fatto
che questa svolta politica tocca la Chiesa, nel senso che, essendo il nuovo presidente
un ex vescovo, molti pensano che la Chiesa sia coinvolta nel governo.
D.
- Proprio per questa sorta di confusione, in un messaggio i vescovi hanno voluto chiarire
in modo netto la natura dei rapporti tra Chiesa e Stato. Fino a che punto questa situazione
pesa sulla Chiesa paraguaiana?
R. - Abbiamo preparato
il documento appunto per evitare questo accostamento che può dare l’impressione che
la Chiesa e lo Stato siano la stessa cosa. Volevamo chiarire che la Chiesa è un’istituzione
autonoma e manterrà la linea che ha tenuto con i governi precedenti: quella di una
Chiesa annunciatrice della Parola di Dio e al tempo stesso profetica. (…) La collaborazione
tra Chiesa e Stato ci sarà di volta in volta sui singoli progetti: l’educazione, la
salute, il sociale, ma sempre conservando l’autonomia istituzionale.
D.
- Quali sono le sfide per il Paese, soprattutto di fronte a questa voglia di cambiamento
del popolo paraguaiano?
R. - Quello che vuole il
popolo paraguaiano in questo momento è la fine della corruzione. In secondo luogo,
che sia data priorità al sociale, aiutando i più bisognosi e perseguendo la giustizia
sociale. In terzo luogo, vuole una riforma agraria in modo che tutti quelli che lavorano
la terra possano anche averla. Infine, vuole un governo che si senta veramente al
servizio del popolo e che affronti le necessità più urgenti del Paese per evitare
che ci siano tanti paraguaiani costretti ad emigrare per mancanza di lavoro. Poi la
gente vuole più sicurezza, anch’essa abbastanza peggiorata negli ultimi tempi nel
nostro Paese.
D. - Sappiamo che la Chiesa cattolica
insieme alle altre Chiese cristiane ha condotto una battaglia contro progetti di legge
che attentano alla vita e alla famiglia…
R. - Su
questi temi siamo stati chiari: non permetteremo, per quanto a noi possibile, l’approvazione
di leggi contrarie alla vita: che sia l’aborto, l’eutanasia o la legalizzazione delle
unioni omosessuali. A questo la Chiesa si opporrà. Tuttavia, almeno per ora, non
c’è nulla che possa preoccuparci in questo senso.
D.
- Quali sono i problemi e le sfide della Chiesa in Paraguay?
R.
- La Chiesa è impegnata in questo momento a dare attuazione al Documento di Aparecida
insieme a un documento specifico preparato da noi come Chiesa del Paraguay: “Le Linee
di azione pastorale comune per la Chiesa paraguaiana”. Stiamo studiando questi documenti
per lanciarci nella missione in modo da poter promuovere, innanzitutto, il senso dell'impegno
cristiano: il discepolato. In secondo luogo, vogliamo promuovere la coerenza di vita
per educare le coscienze e costruire così un Paese più onesto e più giusto in tutti
i sensi. In terzo luogo, siamo impegnati nella formazione del laicato per arrivare
a realizzare una Chiesa-comunione in cui tutti si sentano responsabili nella costruzione
della Chiesa e del Paese, partendo dai principi e dai valori che ci insegna il Vangelo
e la Dottrina Sociale della Chiesa.
D. - Quali sono
le vostre aspettative per questa visita ad Limina?
R.
- La prima aspettativa è di incontrare il Santo Padre e di informarlo sulla nuova
situazione politica che si è venuta a creare per ricevere degli orientamenti. Abbiamo
grandi aspettative anche per gli incontri nei Dicasteri vaticani per studiare insieme
il cammino che dobbiamo percorrere come Chiesa e anche per ricevere indicazioni su
come migliorare la nostra pastorale evangelizzatrice.