Dieci anni fa la prematura scomparsa di Lucio Battisti
Dieci anni fa, era il 9 settembre del 1998, moriva Lucio Battisti, uno dei massimi
autori e interpreti della storia della musica leggera italiana. Ce ne parla Fabio
Colagrande.
(musica)
Il
Novecento è stato il secolo della nascita della musica leggera italiana e della sua
prima rivoluzione. Ad attuarla, sulla scia del ritornello ‘Volare’ di Modugno, furono,
sul finire degli anni Sessanta, Mogol e Lucio Battisti. Ricordare quest’ultimo, a
dieci anni dalla sua prematura scomparsa, significa perciò celebrare un compositore
e un cantante che ha fondato la storia della canzone pop italiana, portandola a vertici
creativi raggiunti raramente in seguito. A rendere immortali le sue composizioni furono
l’innovazione dei giri armonici, la fantasia ritmica e la cantabilità delle melodie.
Ma certo i testi che Giulio Rapetti, alias Mogol, scriveva ispirato da quelle note,
sono parte integrante della magia e contribuiscono a fare di quei brani un’espressione
di arte autentica. Quell’arte – che come scrisse Giovanni Paolo II - ‘anche al di
là delle sue espressioni più tipicamente religiose’ ha sempre ‘un’intima affinità
con il mondo della fede’. Ne è convinto anche don Matteo Graziola,
che, nelle sue lezioni di religione al Liceo Rosmini di Rovereto, utilizza spesso
le canzoni di Battisti:
R. – I ragazzi hanno molta
familiarità con la musica e quindi, dovendo spiegare loro il senso religioso dell’uomo
trovo utile utilizzare delle espressioni artistiche come quelle musicali che siano
appunto maggiormente avvicinabili dai ragazzi. Battisti mi interessa soprattutto per
la tematica “io – tu”, cioè il desiderio di un “tu” che sia un compimento per l’“io”,
un incontro della persona con un’altra persona. In lui questo viene trattato a livello
dell’amore umano, dell’amore fra un uomo e una donna, ma viene trattato con una notevole
serietà, mi sembra, in alcune canzoni. E quindi, questo si presta ad un approfondimento
serio del grande tema che è poi il tema di tutta la vita, cioè la scoperta del “Tu”
vero, del “Tu” che possa compiere in maniera totale la vita. Mi sembra che da alcune
sue canzoni, come per esempio “Io vivrò senza te” o “Io penso a te” o “Acqua chiara”,
sia possibile sentire il sentimento di un uomo che dice: “Senza te, che cosa posso
fare? Posso solo piangere!”, oppure il sentimento di un uomo che dice: “Qualsiasi
cosa io faccia nella vita io penso a te”, oppure “Quando ho incontrato te è entrata
nella mia vita una freschezza, una novità che prima non esisteva!”. Ecco, tutto questo
mi sembra riecheggiare un’esperienza umana profonda che si compie andando sul piano
religioso proprio nel momento in cui l’uomo incontra il “Tu” definitivo.
Ma
ecco come ricorda Lucio Battisti, al microfono di Sergio Centofanti,
mons. Marco Frisina, direttore dell'Ufficio Liturgico del Vicariato
di Roma e maestro direttore della Pontificia Cappella Musicale Lateranense:
R.
– Lo ricordo come si ricordano le cose di quel periodo della nostra vita: piene di
lirismo, di poesia, di sogno anche, e di questa esperienza in cui l’amore è una cosa
importante quando si ha 15 anni, 16 anni; sono quelle cose che toccano profondamente.
Credo che questo sia successo a molti miei coetanei: tutti i cinquantenni di oggi,
pressappoco hanno avuto questa esperienza. Perché la novità di Battisti, musicalmente,
è stata quella di riuscire melodicamente a rimanere tradizionale, ossia italiano,
ma anche ad interpretare il mondo che cambiava, il mondo italiano che cambiava in
quegli anni, negli anni Settanta. E credo che ci sia riuscito: è stata un’operazione
anche culturalmente importante, per l’Italia.
D.
– Chi era Lucio Battisti?
R. – Era un uomo semplice,
era un ragazzo semplice che alla fine degli anni Sessanta scoprì questa sua capacità
di esprimere i sentimenti giovanili dei suoi coetanei in maniera non ovvia, in maniera
non trita come a volte era diventata un po’ la musica leggera italiana di quel tempo.
D.
– Una canzone che ricorda in maniera particolare…
R.
– Da allora, ancora adesso, è “Emozioni”: credo che forse sia la più bella che lui
abbia scritto, emozionante, proprio come vorrebbe lui, descrivendo nel testo di Mogol
le emozioni sottili, quasi impalpabili, i momenti luminosi e a volte anche dolorosi,
e riesce ad essere veramente lirica, ad essere veramente poesia in musica.