Nel segno di Maria, la visita di Benedetto XVI a Cagliari. L’omelia del Papa per
il Centenario della proclamazione della Madonna di Bonaria a Patrona della Sardegna
L’omelia pronunciata da Benedetto XVI, durante la Messa di stamani sul Sagrato del
Santuario cagliaritano di Nostra Signora di Bonaria: Lo spettacolo
più bello che un popolo può offrire è senz’altro quello della propria fede. In questo
momento io tocco con mano una commovente manifestazione della fede che vi anima, e
di questo voglio esprimervi subito la mia ammirazione. Ho accolto volentieri l’invito
a venire nella vostra bellissima Isola in occasione del centenario della proclamazione
della Madonna di Bonaria quale vostra Principale Patrona. Oggi, insieme alla visione
della natura stupenda che ci circonda, voi mi offrite quella della fervida devozione
che nutrite verso la Vergine Santissima. Grazie per questa bella testimonianza! Vi
saluto tutti con grande affetto, incominciando dall’Arcivescovo di Cagliari, Monsignor
Giuseppe Mani, Presidente della Conferenza Episcopale sarda, che ringrazio per le
cortesi parole pronunciate all’inizio della santa Messa anche a nome degli altri Vescovi,
ai quali va il mio cordiale pensiero, e dell’intera comunità ecclesiale che vive in
Sardegna. Grazie soprattutto per l’impegno con cui avete voluto preparare questa mia
visita pastorale. Saluto le Autorità civili ed in particolare il Sindaco, che sul
piazzale del Santuario mi ha rivolto il saluto suo e della Città. Saluto le altre
Autorità presenti e ad esse esprimo la mia riconoscenza per la collaborazione generosamente
offerta all’organizzazione della mia visita qui in Sardegna. Desidero quindi salutare
i sacerdoti, in maniera speciale la Comunità dei Padri Mercedari, i diaconi, i religiosi
e le religiose, i responsabili delle associazioni e dei movimenti ecclesiali, i giovani
e tutti i fedeli, con un ricordo cordiale per gli anziani centenari e quanti sono
uniti a noi spiritualmente o attraverso la radio e la televisione. In modo del tutto
speciale, saluto gli ammalati e i sofferenti, con un particolare pensiero per i più
piccoli. Siamo nel Giorno del Signore, ma – data la particolare
circostanza – la liturgia della Parola ci ha proposto letture proprie delle celebrazioni
dedicate alla Beata Vergine. Si tratta, in particolare, dei testi previsti per la
festa della Natività di Maria, che da secoli è fissata all’8 settembre, data in cui
a Gerusalemme fu consacrata la basilica costruita sopra la casa di sant’Anna, madre
della Madonna. Sono letture che in effetti contengono sempre il riferimento al mistero
della nascita. Anzitutto l’oracolo stupendo del profeta Michea su Betlemme, in cui
si annuncia la nascita del Messia. Egli sarà discendente del re Davide, betlemmita
come Lui, ma la sua figura eccederà i limiti dell’umano: “le sue origini” – infatti
– “sono dall’antichità”, si perdono nei tempi più lontani, sconfinano nell’eterno;
la sua grandezza giungerà “fino agli estremi confini della terra” e tali saranno anche
i confini della pace (cfr Mic 5,1-4a). L’avvento di questo “Consacrato del Signore”,
che segnerà l’inizio della liberazione del popolo, viene definito dal profeta con
un’espressione enigmatica: “quando colei che deve partorire partorirà” (Mic 5,2).
Così, la liturgia – che è scuola privilegiata delle fede – ci insegna a riconoscere
nella nascita di Maria un diretto collegamento con quella del Messia, Figlio di Davide. Il
Vangelo, una pagina dell’apostolo Matteo, ci ha proposto proprio il racconto della
nascita di Gesù. L’Evangelista, però, lo fa precedere dal resoconto della genealogia,
che egli colloca all’inizio come un prologo. Pure qui il ruolo di Maria nella storia
della salvezza risalta in tutta la sua evidenza: l’essere di Maria è totalmente relativo
a Cristo, in particolare alla sua incarnazione. “Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo
di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo” (Mt 1,16). Salta all’occhio la
discontinuità che vi è nello schema della genealogia: ma proprio in questo si coglie
la bellezza del disegno di Dio, che rispettando l’umano lo feconda dall’interno, facendo
sbocciare dall’umile Vergine di Nazaret il frutto più bello della sua opera creatrice
e redentrice. L’Evangelista pone poi sulla scena la figura di Giuseppe, il suo dramma
interiore, la sua fede robusta e la sua esemplare rettitudine. Dietro i suoi pensieri
e le sue deliberazioni c’è l’amore per Dio e la ferma volontà di obbedirgli. Ma come
non sentire che il turbamento e quindi la preghiera e la decisione di Giuseppe sono
mossi, al tempo stesso, dalla stima e dall’amore per la sua promessa sposa? La bellezza
di Dio e quella di Maria sono, nel cuore di Giuseppe, inseparabili; egli sa che tra
di esse non può esservi contraddizione; cerca in Dio la risposta e la trova nella
luce della Parola e dello Spirito Santo: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un
figlio che sarà chiamato Emmanuele” (Mt 1,23; cfr Is 7,14). Possiamo
così, ancora una volta, contemplare il posto che Maria occupa nel disegno salvifico
di Dio, quel “disegno” che ritroviamo nella seconda lettura, tratta dalla Lettera
ai Romani. Qui l’apostolo Paolo esprime in due versetti di singolare densità la sintesi
di ciò che è l’esistenza umana da un punto di vista meta-storico: una parabola di
salvezza che parte da Dio e a Lui nuovamente giunge; una parabola interamente mossa
e governata dal suo amore. Si tratta di un disegno salvifico tutto permeato dalla
libertà divina, che attende tuttavia dalla libertà umana un contributo fondamentale:
la corrispondenza della creatura all’amore del suo Creatore. Ed è qui, in questo spazio
dell’umana libertà, che percepiamo la presenza della Vergine Maria, senza che venga
mai nominata: Ella infatti è, in Cristo, primizia e modello di “coloro che amano Dio”
(Rm 8,28). Nella predestinazione di Gesù è inscritta la predestinazione di Maria,
come pure quella di ogni persona umana. Nell’“eccomi” del Figlio trova eco fedele
l’“eccomi” della Madre (cfr Eb 10,6), come anche l’“eccomi” di tutti i figli adottivi
nel Figlio. Cari amici di Cagliari e della Sardegna, anche
il vostro popolo, grazie alla fede in Cristo e mediante la spirituale maternità di
Maria e della Chiesa, è stato chiamato ad inserirsi nella spirituale “genealogia”
del Vangelo. In Sardegna il cristianesimo è arrivato non con le spade dei conquistatori
o per imposizione straniera, ma è germogliato dal sangue dei martiri che qui hanno
donato la loro vita come atto di amore verso Dio e verso gli uomini. È nelle vostre
miniere che risuonò per la prima volta la Buona Novella portata dal Papa Ponziano
e dal presbitero Ippolito e da tanti fratelli condannati ad metalla per la loro fede
in Cristo. Così anche Saturnino, Gavino, Proto e Gianuario, Simplicio, Lussorio, Efisio,
Antioco sono stati testimoni della totale dedizione a Cristo come vero Dio e Signore.
La testimonianza del martirio conquistò un animo fiero come quello dei Sardi, istintivamente
refrattario a tutto ciò che veniva dal mare. Dall’esempio dei martiri prese vigore
il vescovo Lucifero di Cagliari, che difese l’ortodossia contro l’arianesimo e si
oppose, insieme ad Eusebio di Vercelli, anch’egli cagliaritano, alla condanna di Atanasio
nel Concilio di Milano del 335, e per questo venne condannato all’esilio. La Sardegna
non è mai stata terra di eresie; il suo popolo ha sempre manifestato filiale fedeltà
a Cristo e alla Sede di Pietro. Sì, cari amici, nel susseguirsi delle invasioni e
delle dominazioni, la fede in Cristo è rimasta nell’anima delle vostre popolazioni
come elemento costitutivo della vostra stessa identità sarda. Dopo
i martiri, nel V secolo, arrivarono dall’Africa romana numerosi Vescovi che, non avendo
aderito all’eresia ariana, dovettero subire l’esilio. Venendo nell’isola, essi portarono
con sé la ricchezza della loro fede. Furono oltre cento Vescovi che, sotto la guida
di Fulgenzio di Ruspe, fondarono monasteri e intensificarono l’evangelizzazione. Insieme
alle reliquie gloriose di Agostino, portarono la ricchezza della loro tradizione liturgica
e spirituale, di cui voi conservate ancora le tracce. Così la fede si è sempre più
radicata nel cuore dei fedeli fino a diventare cultura e produrre frutti di santità.
Ignazio da Láconi, Nicola da Gésturi sono i santi in cui la Sardegna si riconosce.
La martire Antonia Mesina, la contemplativa Gabriella Sagheddu e la suora della carità
Giuseppina Nicóli sono l’espressione di una gioventù capace di perseguire grandi ideali.
Questa fede semplice e coraggiosa, continua a vivere nelle vostre comunità, nelle
vostre famiglie, dove si respira il profumo evangelico delle virtù proprie della vostra
terra: la fedeltà, la dignità, la riservatezza, la sobrietà, il senso del dovere. E
poi, l’amore per la Madonna. Siamo infatti qui, oggi, a commemorare un grande atto
di fede, che un secolo fa i vostri padri compirono affidando la propria vita alla
Madre di Cristo, quando la scelsero come Patrona massima dell’Isola. Non potevano
sapere allora che il 1900 sarebbe stato un secolo molto difficile, ma certamente fu
proprio in questa consacrazione a Maria che trovarono in seguito la forza per affrontare
le difficoltà sopravvenute, specialmente con le due guerre mondiali. Non poteva essere
che così. La vostra Isola, cari amici della Sardegna, non poteva avere altra protettrice
che la Madonna. Lei è la Mamma, la Figlia e la Sposa per eccellenza: “Sa Mama, Fiza,
Isposa de su Segnore”, come amate cantare. La Mamma che ama, protegge, consiglia,
consola, dà la vita, perché la vita nasca e perduri. La Figlia che onora la sua famiglia,
sempre attenta alle necessità dei fratelli e delle sorelle, sollecita nel rendere
la sua casa bella e accogliente. La Sposa capace di amore fedele e paziente, di sacrificio
e di speranza. A Maria in Sardegna sono dedicate ben 350 chiese e santuari. Un popolo
di madri si rispecchia nell’umile ragazza di Nazaret, che col suo “sì” ha permesso
al Verbo di diventare carne. So bene che Maria è nel vostro
cuore. Dopo cent’anni vogliamo quest’oggi ringraziarLa per la sua protezione e rinnovarLe
la nostra fiducia, riconoscendo in Lei la “Stella della nuova evangelizzazione”, alla
cui scuola imparare come recare Cristo Salvatore agli uomini e alle donne contemporanei.
Maria vi aiuti a portare Cristo alle famiglie, piccole chiese domestiche e cellule
della società, oggi più che mai bisognose di fiducia e di sostegno sia sul piano spirituale
che su quello sociale. Vi aiuti a trovare le opportune strategie pastorali per far
sì che Cristo sia incontrato dai giovani, portatori per loro natura di nuovo slancio,
ma spesso vittime del nichilismo diffuso, assetati di verità e di ideali proprio quando
sembrano negarli. Vi renda capaci di evangelizzare il mondo del lavoro, dell’economia,
della politica, che necessita di una nuova generazione di laici cristiani impegnati,
capaci di cercare con competenza e rigore morale soluzioni di sviluppo sostenibile.
In tutti questi aspetti dell’impegno cristiano potete sempre contare sulla guida e
sul sostegno della Vergine Santa. Affidiamoci pertanto alla sua materna intercessione.
Maria è porto, rifugio e protezione per il popolo sardo, che
ha in sé la forza della quercia. Passano le tempeste e questa quercia resiste; infuriano
gli incendi ed essa nuovamente germoglia; sopravviene la siccità ed essa vince ancora.
Rinnoviamo dunque con gioia la nostra consacrazione ad una Madre tanto premurosa.
Le generazioni dei Sardi, ne sono certo, continueranno a salire al Santuario di Bonaria
per invocare la protezione della Vergine. Mai resterà deluso chi si affida a Nostra
Signora di Bonaria, Madre misericordiosa e potente. Maria, Regina della Pace e Stella
della speranza, intercedi per noi. Amen!