Iraq: uccisi due cristiani. Padre Najim: ma non è guerra di religione
In Iraq, militari americani hanno ucciso per errore sei soldati iracheni nei pressi
di Baghdad. Violenze anche a Mossul, città irachena del Kurdistan, dove anche i cristiani
sono coinvolti in drammatici episodi. E’ di ieri la notizia dell’uccisione di Tarik
Qattam, medico 65enne, sequestrato nei giorni scorsi da una banda di terroristi, che
aveva già riscosso un riscatto di 20 mila dollari dalla famiglia. L’omicidio fa seguito
all’assassinio tre giorni fa di un altro cristiano, Nafi Haddad, anch’egli rapito
e ucciso. Il servizio di Roberta Gisotti:
Tutti
ricordano il tributo di sangue già pagato dalla diocesi di Mossul con la morte nel
marzo scorso del suo arcivescovo, mons. Paulos Faraj Rahho, rapito e ucciso dai terroristi
che massacrarono anche i tre uomini che lo accompagnavano. Ed ora due nuovi omicidi
maturati nella comunità cristiana: che ha registrato in tutto l’Iraq 47 vittime lo
scorso anno, di cui almeno 13 a Mossul, che ha subito pure una serie di attacchi all’inizio
del 2008 contro diversi beni ed edifici della Chiesa. Al nostro microfono abbiamo
il corepiscopo Philip B. Najim, procuratore generale del Patriarcato
di Babilionia dei caldei, presso la Santa Sede: D. - Padre Najim è corretto
parlare di odio contro i cristiani? R. – Veramente non c’è una
questione di un Iraq contro i cristiani. Come sapete oggi tutto il popolo iracheno
soffre di questi attacchi terroristici che accadono ogni giorno contro la nostra popolazione
innocente, questa popolazione che desidera la pace da tanto tempo. Perciò, quando
una bomba cade, quando c’è un attacco, non si distingue tra un cristiano e un musulmano.
D. – Cristiani, sottolineiamo, che per secoli hanno vissuto
pacificamente accanto ai musulmani... R. – La religione non
è stata mai in Iraq motivo per distinguere l’iracheno. E i cristiani hanno contribuito,
hanno collaborato con i musulmani, tutti quanti insieme, per costruire questo Paese. D.
– Quindi, dietro a questi attacchi ai beni della Chiesa e soprattutto dietro a questi
sequestri e omicidi sono motivazioni economiche e di potere sul territorio... R.
– Tutta la popolazione irachena e tutta la politica irachena, tutto il governo iracheno
e l’opinione internazionale non hanno capito che finalità abbiano questi attacchi
contro questo popolo innocente e dove vogliano arrivare: un popolo che vuole camminare
per arrivare alla pace, per poter fare una vita normale, conquistare di nuovo la sua
identità e la sua dignità. D. – Dalla comunità internazionale
e dalla pubblicità di questi eventi luttuosi che cosa può arrivare di positivo? R.
– Noi facciamo un appello alla comunità internazionale, perché intervenga per la dignità
dell’essere umano, per la dignità dell’iracheno, perché ha diritto alla vita, ha diritto
ad una vita normale. L’Iraq è un Paese che è pieno di risorse, pieno di possibilità.
Quando uno crea una situazione normale di pace, di prosperità e di lavoro si impediscono
le grandi ondate di emigrazione dal Paese. Per esempio, oggi ho parlato con Sua Beatitudine
il patriarca di Baghdad Emmanuel III Delly e abbiamo avuto una notizia, che però alla
fine mi ha confermato essere una notizia falsa, di un attacco contro i cristiani.
Il suo ausiliare doveva recarsi a Mossul nella zona a nord dell’Iraq per poter calmare
le cose. Dopo aver capito che le cose stavano diversamente, il suo ausiliare domattina
lascerà Baghdad per andare a Mossul per l’incontro con un’organizzazione cristiana
di una comunità - fondata dal defunto e amatissimo arcivescovo di Mossul, mons. Faraj
- che si chiama “Gioia e Carità”. D. – Quindi, non è giusto
presentare questi eventi di violenza contro una comunità religiosa piuttosto che un’altra? R.
– Non è giusto per niente, perché qui aggiungiamo altri atti terroristici per poter
creare un conflitto tra musulmani e cristiani e mettere sotto mira ancora di più i
cristiani.