2008-09-03 15:49:28

Iraq: uccisi due cristiani. Padre Najim: ma non è guerra di religione


In Iraq, militari americani hanno ucciso per errore sei soldati iracheni nei pressi di Baghdad. Violenze anche a Mossul, città irachena del Kurdistan, dove anche i cristiani sono coinvolti in drammatici episodi. E’ di ieri la notizia dell’uccisione di Tarik Qattam, medico 65enne, sequestrato nei giorni scorsi da una banda di terroristi, che aveva già riscosso un riscatto di 20 mila dollari dalla famiglia. L’omicidio fa seguito all’assassinio tre giorni fa di un altro cristiano, Nafi Haddad, anch’egli rapito e ucciso. Il servizio di Roberta Gisotti:RealAudioMP3
 
Tutti ricordano il tributo di sangue già pagato dalla diocesi di Mossul con la morte nel marzo scorso del suo arcivescovo, mons. Paulos Faraj Rahho, rapito e ucciso dai terroristi che massacrarono anche i tre uomini che lo accompagnavano. Ed ora due nuovi omicidi maturati nella comunità cristiana: che ha registrato in tutto l’Iraq 47 vittime lo scorso anno, di cui almeno 13 a Mossul, che ha subito pure una serie di attacchi all’inizio del 2008 contro diversi beni ed edifici della Chiesa. Al nostro microfono abbiamo il corepiscopo Philip B. Najim, procuratore generale del Patriarcato di Babilionia dei caldei, presso la Santa Sede: 
D. - Padre Najim è corretto parlare di odio contro i cristiani?
 
R. – Veramente non c’è una questione di un Iraq contro i cristiani. Come sapete oggi tutto il popolo iracheno soffre di questi attacchi terroristici che accadono ogni giorno contro la nostra popolazione innocente, questa popolazione che desidera la pace da tanto tempo. Perciò, quando una bomba cade, quando c’è un attacco, non si distingue tra un cristiano e un musulmano.
 
D. – Cristiani, sottolineiamo, che per secoli hanno vissuto pacificamente accanto ai musulmani...
 
R. – La religione non è stata mai in Iraq motivo per distinguere l’iracheno. E i cristiani hanno contribuito, hanno collaborato con i musulmani, tutti quanti insieme, per costruire questo Paese.
 
D. – Quindi, dietro a questi attacchi ai beni della Chiesa e soprattutto dietro a questi sequestri e omicidi sono motivazioni economiche e di potere sul territorio...
 
R. – Tutta la popolazione irachena e tutta la politica irachena, tutto il governo iracheno e l’opinione internazionale non hanno capito che finalità abbiano questi attacchi contro questo popolo innocente e dove vogliano arrivare: un popolo che vuole camminare per arrivare alla pace, per poter fare una vita normale, conquistare di nuovo la sua identità e la sua dignità.
 
D. – Dalla comunità internazionale e dalla pubblicità di questi eventi luttuosi che cosa può arrivare di positivo?
 
R. – Noi facciamo un appello alla comunità internazionale, perché intervenga per la dignità dell’essere umano, per la dignità dell’iracheno, perché ha diritto alla vita, ha diritto ad una vita normale. L’Iraq è un Paese che è pieno di risorse, pieno di possibilità. Quando uno crea una situazione normale di pace, di prosperità e di lavoro si impediscono le grandi ondate di emigrazione dal Paese. Per esempio, oggi ho parlato con Sua Beatitudine il patriarca di Baghdad Emmanuel III Delly e abbiamo avuto una notizia, che però alla fine mi ha confermato essere una notizia falsa, di un attacco contro i cristiani. Il suo ausiliare doveva recarsi a Mossul nella zona a nord dell’Iraq per poter calmare le cose. Dopo aver capito che le cose stavano diversamente, il suo ausiliare domattina lascerà Baghdad per andare a Mossul per l’incontro con un’organizzazione cristiana di una comunità - fondata dal defunto e amatissimo arcivescovo di Mossul, mons. Faraj - che si chiama “Gioia e Carità”.
 
D. – Quindi, non è giusto presentare questi eventi di violenza contro una comunità religiosa piuttosto che un’altra?
 
R. – Non è giusto per niente, perché qui aggiungiamo altri atti terroristici per poter creare un conflitto tra musulmani e cristiani e mettere sotto mira ancora di più i cristiani.







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