2008-09-02 14:37:22

Alla Cittadella di Assisi la Settimana nazionale di formazione e spiritualità


Guardare alle prime comunità cristiane e alla figura di San Paolo, primo evangelizzatore d’Europa, per riscoprire il senso dell’impegno missionario: è stato questo l’obiettivo della VI Settimana nazionale di formazione e spiritualità promossa dalla CEI presso la Cittadella di Assisi. Il convegno, che si concluderà domani, è rivolto agli operatori pastorali dei Centri missionari e ai giovani. Ma quali sono le attuali sfide dell’evangelizzazione e qual è l’eredità lasciata dall’apostolo? Elena Mandarano lo ha chiesto a don Gianni Cesana, direttore dell’Ufficio Nazionale della CEI per la cooperazione missionaria tra le Chiese:RealAudioMP3

R. - Direi la sfida di una certa modernità nei suoi tempi: nell’impero che si espandeva, l’annuncio cristiano s’inseriva come un elemento di opposizione. Pensiamo a tutto quello che S. Paolo ha detto sulla famiglia, sugli schiavi e così via. Credo che la sua opera sia stata quella di creare comunità che sapessero integrare nuove persone, in forza dell’annuncio del Vangelo.

 
D. - Che differenza c’è tra le prime evangelizzazioni e quelle odierne? E cosa dello spirito di San Paolo è vivo oggi?

 
R. - La capacità di dire la novità del Vangelo attraverso i linguaggi della gente che lui ha conosciuto. Mi pare che questo sia un elemento di continuità certamente molto forte. Quello che forse è in discontinuità con Paolo è che oggi l’universalità comporta anche il confronto con le grandi e antiche religioni dell’Oriente, il confronto con le situazioni sociali estreme, che certamente esistevano anche al tempo, ma delle quali non si aveva quella coscienza che noi oggi abbiamo.

 
D. - Anche oggi, come dimostra la cronaca, evangelizzare è difficile. Quali sono le difficoltà?

 
R. - Mi pare che la prima difficoltà, più che dai grandi sistemi estranei al cristianesimo, provenga proprio da un certo deperimento del mondo occidentale e delle sue motivazioni. Assistiamo ogni giorno ad eventi, avvenimenti, a scelte che vanno a svuotare dall’interno queste radici cristiane. Pensiamo al tema della vita, al tema della legalità, dell’accoglienza del diverso, delle emigrazioni. Pensiamo al tema di una globalizzazione che non è solo relazione universale, ma che è molto spesso oppressione. L’altro aspetto è quello di comprendere e far comprendere anche alle altre religioni qual sia la funzione della religione in quanto tale. Mi pare che il Papa lo dica molto bene a più riprese, seguendo anche l’insegnamento del suo predecessore. La religione non può mai essere un fattore di divisione, deve essere sempre un fattore di unità, di difesa dei diritti dell’uomo e della pace. E il cristianesimo sotto questo profilo, annunciando l’incarnazione di Gesù, è una religione che certamente parla di Dio, ma di Dio in forma umana. E quindi è la difesa dell’uomo, dei suoi diritti e della sua vita.







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