2008-09-01 13:26:56

Il Messico si mobilita contro la violenza e il crimine. Intervista con il presidente della Conferenza episcopale: lottare anche contro l'aborto


Ieri in 70 città messicane, con almeno 250 mila manifestanti nella sola Città del Messico, si sono svolte centinaia di “Marce bianche” contro la violenza, il crimine e la cultura della morte. Si è trattato della più imponente manifestazione di massa contro l’aumento allarmante di ogni tipo di crimine nel Paese. Secondo le ultime statistiche il Messico ha raggiunto il record poco invidiabile di “morti assassinati” al giorno, che fino ad oggi apparteneva a Paesi come la Colombia e l’Iraq. Nonostante tutte le misure preventive e repressive e l’impiego di 25mila agenti, oltre il 98 per cento dei delitti resta impunito. Il servizio di Luis Badilla.RealAudioMP3

Sulla difesa della vita umana la Chiesa messicana da diversi anni richiama con insistenza l’attenzione dell’opinione pubblica e delle autorità statali e federali. La settimana scorsa, in merito alla depenalizzazione dell’aborto entro la dodicesima settimana, i vescovi messicani sono tornati con forza a porre la questione, rilevando la contraddizione morale nonché sociale di un Paese, che da un parte si mobilita contro ogni violenza che insidia la vita, mentre dall’altra la Corte Suprema dichiara costituzionale l’uccisione di un essere umano non ancora nato. I dati ufficiali, sempre parziali, poiché la stragrande maggioranza dei crimini non vengono denunciati per paura, sono impressionanti: nei primi otto mesi del 2008 si già superato largamente il numero dei “morti ammazzati” del 2007 e la cifra si avvicina a 3mila, con una nota raccapricciante degli ultimi giorni: 20 persone decapitate. I sequestri, secondo le autorità sarebbero tra 300 e 400 ogni anno ma molte altre fonti autorevoli parlano di almeno 6mila. L’insicurezza serpeggia in tutti i settori sociali del Paese, in ogni città, nei diversi quartieri e, in sostanza, nulla è rimasto immune alla penetrazione dei grossi cartelli del narcotraffico, in particolare dei due più feroci e spietati: quello di “Sinaloa” e quello del “Golfo”, intrecciati fortemente con le mafie del narcotraffico della Colombia, del Perù e del Venezuela. “Il Messico è diventato un gigantesco corridoio per il passaggio e per la distribuzione della cocaina verso gli Stati Uniti e l’Europa”, i due più grandi mercati della droga, ha rilevato il capo della Polizia federale, che, però ha aggiunto: “Il consumo di cocaina è anche entrato a far parte della quotidianità di molti cittadini i quali, per procurarsi la propria dose giornaliera, si mettono al servizio del narcotraffico internazionale” . Mons. Lázaro Pérez Jiménez, vescovo di Celaya, commentando i recenti documenti dell’episcopato sulla morte, la violenza e il crimine in Messico, ha ricordato, giorni fa, che “i messicani si sono assuefatti alla violenza e quindi ascoltare il bilancio delle vittime è diventato normale. Ogni giorno cresce il numero di adolescenti messicani che entrano nel giro del consumo di droghe. Solo dopo la morte di un quattordicenne sequestrato e ucciso, nonostante il riscatto pagato dal padre, abbiamo preso coscienza che anche questo cancro sta erodendo il nostro tessuto sociale”. Ricordando che il presidente della Repubblica si è incontrato pochi giorni fa con tutti i governatori e i responsabili della sicurezza, per sottoscrive 75 nuove misure da applicare nei prossimi 93 giorni, mons. Pérez Jiménez, ha auspicato “che possa aprirsi un orizzonte di speranza (…) tenendo conto soprattutto che va combattuta l’impunità, e la corruzione che a volte la sostiene, perché altrimenti il crimine crederà di essere indistruttibile”. La drammatica realtà messicana, venuta alla luce ieri con migliaia di persone vestite di bianco che hanno acceso candele in ogni angolo del Paese per dire “no” alla morte, colloca questa importante nazione di fronte ad un bivio dal quale si esce solo con una scelta coraggiosa e senza infingimenti: la vita. Certo, hanno ricordato a più riprese i vescovi messicani, “la difesa della vita è un’opzione integrale e definitiva”, poiché chi crede e rispetta il “dono divino della vita sa di dover difenderla da ogni insidia e minaccia, in particolare quando l’offeso è indifeso e debole, non ha voce e non in grado di proteggersi”.

E a questo proposito il presidente della Conferenza episcopale messicana, mons. Carlo Aguiar Retes, ha ribadito le sue critiche alla decisione della Corte Suprema che ha avallato la costituzionalità della legge sulla depenalizzazione dell'aborto nelle prime 12 settimane. Ascoltiamolo al microfono di Raul Cabrera:RealAudioMP3
 
R. – Non hanno voluto affrontare la questione se ci sia vita all’inizio della fecondazione, dal concepimento, o se non ci sia vita in queste prime settimane. Questo argomento è centrale per noi, come questione etica e anche come questione scientifica. La Suprema Corte però non ha voluto dare una definizione di questo. Hanno preso una decisione affermando che non c’è contrapposizione con quello che è scritto esplicitamente nella Costituzione federale, che stabilisce in modo generico il diritto alla vita dei cittadini. Siccome non si parla direttamente di fecondazione, nelle prime settimane di vita della nuova creatura allora hanno detto che non c’è contrapposizione. Noi come Chiesa abbiamo dichiarato che è necessario adesso che si dica esplicitamente quello che i membri della Corte hanno argomentato non essere presente nella Costituzione. Tra l’altro, dopo un anno di dibattiti su queste questioni anche l’opinione pubblica ha maturato una nuova coscienza: mentre un anno fa la gente era divisa metà in favore della vita e metà in favore della morte, oggi ben ilil 70 per cento è in favore della vita. C’è ancora molto da fare e noi abbiamo però la speranza che si possa lavorare con i legislatori e con i gruppi in favore della vita perché si possa ancora andare avanti nell’esplicitare nella nostra Costituzione che il diritto alla vita va dal concepimento fino alla morte naturale. Questa è la nostra fiducia e la nostra speranza, è quello per cui preghiamo Dio, perché possiamo andare avanti in questo senso.







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