La Georgia rompe i rapporti con Mosca. Prosegue l'emergenza profughi
E' sempre più crisi nei rapporti tra Georgia e Russia. Tbilisi, su richiesta unanime
del parlamento, ha rotto ieri le relazioni diplomatiche con Mosca, che ha espresso
rammarico, annunciando a sua volta la chiusura dell’ambasciata in Georgia. Ora tutti
gli occhi della comunità internazionale sono puntati al vertice straordinario dell’Unione
Europea sulla crisi caucasica in programma per lunedì, organizzato dalla presidenza
di turno francese, che ha escluso sanzioni contro Mosca. Sul terreno intanto prosegue
l’emergenza profughi. La Caritas italiana continua a rinnovare l’invito alle Caritas
diocesane ad organizzare per domani una giornata di preghiera e di solidarietà a favore
degli sfollati del Caucaso. Due giorni fa la decisione della CEI di destinare alle
vittime del conflitto un milione di euro. Una notizia accolta con grande gioia dalla
Caritas della Georgia. Francesca Sabatinelli ha intervistato il direttore,
padre Witold Szulcynski:
R. – Questa
notizia è un sogno. La parola “grazie” in questo momento non è sufficiente, ma a nome
di tutti i profughi dico “grazie infinite”, perché in questi giorni, già da quasi
tre settimane, abbiamo avuto qui una vera emergenza, che non ho mai visto nella mia
vita. Ci sono qui i profughi, migliaia di famiglie, scappate dai villaggi intorno
a Tshkivali, in Ossezia. Sembra che nella situazione politica di oggi non potranno
mai tornare alle loro case. Questa gente è stata proprio sradicata dall’ambiente in
cui ha vissuto tutta la vita. Ho visto con i miei occhi a Tblisi che ci sono ancora
centinaia, penso migliaia, di persone, che non hanno neanche un materasso, persone
che da giorni non hanno mangiato un pasto caldo.
D.
– Padre Witold, lei pensa che per queste persone non sarà possibile un rientro a casa?
R.
– I profughi della città di Gori e dei villaggi lì intorno sono già tornati alle loro
case. Invece i profughi dei villaggi intorno a Tskhinvali o Kodori,
in Abkhazia, nella situazione politica di oggi, probabilmente, non avranno la possibilità
di ritornare. Per questa gente allora significherà vivere a Tblisi, a Kudaisi o a
Gori, dove si sta costruendo in questi giorni un campo con le tende, almeno per 10
mila persone. Queste persone saranno quindi costrette ad abitare in queste tende non
si sa per quanto tempo. Non so. Oggi a Tblisi ci sono ancora parecchi profughi che
abitano nelle scuole. Il 1° settembre avrebbe dovuto cominciare la scuola, ma probabilmente
non sarà così. I profughi dovranno lasciare il prima possibile le scuole e andare
sotto le tende. A Tblisi, in Georgia, ci sono ancora migliaia di persone dall’Abkhazia
e dall’Ossezia, che ancora oggi sono profughi della guerra del ’91-’92 e vivono nei
campi profughi.
D. – Padre Witold, fino a questo
momento quali sono le emergenze…
R. – Serve soprattutto
il cibo, servono i materassi, mancano le saponette, i farmaci, i pannolini per i bambini.
Abbiamo anche, tra i profughi, diverse persone anziane e malate. Manca il vestiario
e, questa, diciamo, è la prima emergenza, perché poi bisogna pensare a ristrutturare
le case dove loro vivono. Ci sono i problemi con l’acqua e per giorni è mancata la
corrente. Ci sono problemi di fognature. E’ veramente un disastro.
D.
– Padre Witold, che cosa vorrebbe chiedere?
R. – Come
prete cattolico, per tutta questa gente che soffre, per queste persone che hanno perso
tutto, chiederei la preghiera.