India: nuove violenze anticristiane. Il cardinale Toppo: ci attaccano perché siamo
contro le caste
Dopo una calma forse solo apparente, sono giunte oggi nuove notizie di violenze contro
i cattolici in India, e non più solo nello Stato dell'Orissa. I fondamentalisti indù
hanno reagito in qualche caso con brutalità alla protesta pacifica della Chiesa indiana,
che ieri aveva ordinato la chiusura delle scuole cattoliche in tutto il Paese, accompagnata
da manifestazioni non violente. I particolari nel servizio di Alessandro De Carolis:
E’ la foresta
la nuova, pericolosa casa dei cristiani dello Stato indiano dell’Orissa. A migliaia
- fonti parlano di 5-6 mila sfollati - cercano scampo nella boscaglia dalla ferocia
dei fondamentalisti indù, a ormai una settimana dall’inizio della loro crudele caccia
al cristiano. Stamani, a Bhubaneswar, di fronte alla sede del governo statale dell’Orissa,
è in programma una manifestazione di protesta organizzata dagli attivisti del Global
Council of Indian Christians (GCIC), che fa seguito alla chiusura delle scuole
cattoliche di ieri in tutta l’India. Ma il quadro della situazione rischia di farsi
davvero pesante se verranno confermate le cifre di un’organizzazione di attivisti,
citate da AsiaNews, che parla di oltre 100 morti e dunque di un numero ben oltre la
dozzina di cui si era fin qui detto. Inoltre, la violenza sembra aver attecchito anche
al di fuori dello Stato di Orissa. Nel Madhya Pradesh, informa ancora AsiaNews, un
gruppo di fanatici ha assaltato cinque scuole e una chiesa per rappresaglia contro
la chiusura degli edifici. Gli assalti hanno avuto luogo nel distretto di Gwaliar
(tre scuole e una chiesa) e di Barwani (due scuole), e solo per il tempestivo intervento
della polizia non si sono registrati gravi danni agli edifici o nuove vittime. Da
parte sua, il vescovo indiano di Vasai, Thomas Dabre, membro del Pontificio Consiglio
per il dialogo interreligioso, ha confermato invece la “paralisi totale” nelle attività
delle scuole della sua diocesi. “Migliaia di ragazzi - ha riferito ancora l’agenzia
del PIME - hanno concluso il loro cammino davanti agli edifici della sede vescovile.
A loro ho detto di promuovere il dialogo interreligioso e di affidarsi totalmente
alla protezione della Vergine Maria”.
E dopo la protesta è il momento
della preghiera e della penitenza. La Chiesa indiana ha indetto una giornata di digiuno
per il prossimo 7 settembre, che coinvolgerà tutte le diocesi del Paese. In segno
di solidarietà, anche le ACLI, le Associazioni dei lavoratori cattolici italiani,
hanno annunciato di volersi unire in quella stessa data ai fratelli indiani, mentre
il PIME ha proclamato una giornata di digiuno per il 5 settembre, a Milano. L’iniziativa,
spiega il PIME, vuole sottolineare i molti silenzi che stanno accompagnando il dramma
dei cattolici in India. Silenzi denunciati ieri anche dal presidente dei vescovi italiani,
il cardinale arcivescovo di Genova, Angelo Bagnasco, che ha detto di non aver sentito
in merito “particolari reazioni di sincero sdegno, di condanna”. Per decifrare dunque
quanto sta accadendo in Orissa, Amedeo Lomonaco ha sentito l’arcivescovo di
Ranchi, il cardinale Telesforo Placidus Toppo:
R. - L’India
non è semplice da capire. Non tutta l’India è così. Ci sono i fondamentalisti, che
rappresentano una percentuale, forse l’11 per cento, e quando accadono queste cose
per loro è facile distruggere, bruciare. Ma non è tutta l’India ad esserne colpita:
è solo una parte. E la loro posizione non è di tutta la religione indù. Ci sono in
gioco fattori socio-economico-politici. Fattori che sono all’origine di questi fatti,
degli incendi appiccati anche alle botteghe dei cristiani. Anche la legge contro la
conversione è un argomento che noi abbiamo chiarito: noi non convertiamo la gente
forzatamente.
D. - Ci sono in India parti della popolazione
che si ribellano ai fondamentalisti?
R. - Non tutti
approvano quello che stanno facendo i fondamentalisti: questa è una delle ragioni
per cui è caduto l’ultimo governo. Un esecutivo che era ben rappresentato dai fondamentalisti.
Ma i partiti fondamentalisti hanno perso le elezioni e così è salito al potere l’attuale
governo.
D. - La fede, la vita cristiana costituiscono
in India alternative concrete al fondamentalismo, all’ingiustizia, al sistema delle
caste: è questo che spaventa e alimenta poi le violenze?
R.
- Sì, perché non esiste uguaglianza tra le persone: con il sistema delle caste, non
c’è uguaglianza. Ecco perché non vogliono questo impegno della Chiesa per il superamento
delle caste. Mentre per noi la persona è sacra.
D.
- Quando, eminenza, secondo lei, le minoranze cristiane in India non saranno più bersaglio
del fondamentalismo indù?
R. - Non è semplice la
risposta, perché ciò che sta accadendo in Orissa non si manifesta ovunque, non è diffuso
in tutta l’India. Un tempo, ad esempio, nello Stato del Gujarat ci sono state violenze
contro i musulmani. Ecco: quello che è accaduto nel Gujarat sta avvenendo ora in Orissa
contro i cristiani.
D. - E la Chiesa continua a rispondere
alla violenza con la carità, con una forza mite …
R.
– Come Gesù, i cristiani non hanno risposto alle aggressioni. Adesso, io penso che
avremo l’aiuto del governo centrale e dello Stato. Inoltre, fra le iniziative della
Chiesa voglio ricordare che il 7 settembre ci sarà una giornata di preghiera e di
digiuno in tutta l’India. E ci saranno anche altre iniziative insieme con gli indù,
con i musulmani: si sta organizzando un’assemblea di preghiera. Ci sono tante iniziative
buone. E va detto questo: l’uguaglianza tra noi è una minaccia per i fondamentalisti.
Ma
perché proprio dall’Orissa è partita questa fiammata di violenza anticristiana? Lo
spiega il religioso indiano, padre Babychan Pazhanilath, consultore
generale dei Padri Camilliani, intervistato da Luca Collodi durante i lavori
al Meeting di Rimini:
R.
- Lo Stato dell’Orissa è un po’ il centro della religione induista perché ci sono
alcuni templi molto famosi. Tuttavia, mancano capi che possano educare al principio
di solidarietà, di moralità, di convivenza con le altre religioni.
D.
- Voi Camilliani lavorate serenamente in India?
R.
– Noi lavoriamo più al sud, non siamo presenti in questo Stato. Ci sono però in Orissa
le Figlie di San Camilllo che lavorano con i disabili. Noi siamo in uno Stato vicino
all’Orissa, l’Andhra Pradesh. Lì, finora, non abbiamo avuto problemi anche perché
in questo Stato i cattolici ed i cristiani sono più del 20 per cento e gli induisti
non sono in numero così elevato, anche perché l’altro 20 per cento è costituito dai
musulmani. Dunque, è difficile che si verifichino incidenti così come in Orissa.
D.
- In India, il rapporto tra indù e musulmani qual è?
R.
- In diverse parti vivono insieme, senza nessuna difficoltà.