In Iraq 650 medici raccolgono l’appello del governo e rientrano in patria
Negli ultimi due mesi quasi 650 degli oltre 8mila medici iracheni fuggiti dal Paese
dal 2003, con lo scoppio della seconda guerra del Golfo, hanno ricominciato il lavoro.
La conferma arriva da fonti interne al ministero della Sanità, riprese dall’Agenzia
AsiaNews, secondo le quali il miglioramento nel livello di sicurezza generale ha spinto
una parte dei dottori a ritornare in Iraq. Adel Mushin, ispettore generale del dicastero,
sottolinea che i medici rientrati hanno ripreso la loro precedente occupazione in
tutti gli ospedali sparsi per il Paese. Il sistema sanitario nazionale è in crisi
per la carenza di personale; nelle scorse settimane il governo aveva lanciato un appello
agli oltre 8mila dottori fuggiti all’estero chiedendo loro di rientrare nel Paese
e dare un contributo concreto al lento processo di normalizzazione dell’Iraq. Mushin
si aspetta che “altri medici rispondano al richiamo”, facendo ritorno in patria. Gli
omicidi o i sequestri che, negli ultimi cinque anni, hanno avuto per vittime medici
o personale paramedico hanno originato una fuga massiccia dal Paese; che si trattasse
della guerra o delle successive violenze interconfessionali, l’esodo ha causato una
grave crisi nel sistema sanitario iracheno, tanto da sfiorarne la paralisi. Una conferma
arriva dai dati ufficiali: dal 2003 a oggi 618 dipendenti nel settore della sanità,
fra personale medico e paramedico – di cui 132 medici – sono stati uccisi. Il ministero
denuncia inoltre che vi sono solo 16mila lavoratori, a fronte di una richiesta pari
ad almeno 100mila figure professionali. (R.P.)