All’udienza generale, l’appello di Benedetto XVI per la fine delle violenze anticristiane
nello Stato indiano dell’Orissa. La catechesi del Papa dedicata alle tappe fondamentali
della vita di San Paolo
Rispettare la sacralità della vita umana, impegnandosi a ristabilire l’armonia e la
convivenza pacifica: all’udienza generale, Benedetto XVI ha levato un accorato appello
contro le violenze nello Stato indiano dell’Orissa, che stanno duramente provando
la comunità cristiana. Le parole del Pontefice sulla situazione in India sono giunte
al termine di una catechesi dedicata a San Paolo, definito dal Papa “uno stimolo costante
per l’impegno ecclesiale di tutti noi”. Quella di oggi è la prima udienza generale
in Vaticano dal 2 luglio scorso. Benedetto XVI ha ripreso il filo proprio da quell’udienza,
che – nel contesto dell’Anno Paolino - ha inaugurato un ciclo di catechesi sulla figura
dell’Apostolo delle Genti. Il servizio di Alessandro Gisotti:
Benedetto
XVI è vicino ai cristiani vittime della violenza nello Stato indiano dell’Orissa.
All’udienza generale, il Papa confida ai fedeli di aver appreso “con profonda tristezza”
le notizie delle “violenze contro le comunità cristiane” di quello Stato, “scoppiate
– rileva – in seguito al deplorevole assassinio del leader indù Swami Lakshmananda
Saraswati”. Di fronte all’uccisione di alcune persone e al ferimento di molte altre,
dinnanzi alla distruzione di centri di culto, di proprietà della Chiesa, e di abitazioni
private, il Santo Padre ha chiesto con forza che la vita umana venga sempre rispettata: “Mentre
condanno con fermezza ogni attacco alla vita umana, la cui sacralità esige il rispetto
di tutti, esprimo spirituale vicinanza e solidarietà ai fratelli e alle sorelle nella
fede così duramente provati. Imploro il Signore che li accompagni e sostenga in questo
tempo di sofferenza e dia loro la forza di continuare nel servizio d’amore in favore
di tutti. Invito i leaders religiosi e le autorità civili a lavorare insieme per ristabilire
tra i membri delle varie comunità la convivenza pacifica e l’armonia che sono sempre
state segno distintivo della società indiana”. Prima dell’appello per
l’Orissa, il Papa ha offerto ai fedeli una riflessione sulle tappe principali della
vita di San Paolo. Una vita straordinaria, ha detto, dedicata “all’annuncio del Vangelo
senza risparmio di energie”, che lo portò ad affrontare le prove più gravose: Benedetto
XVI ha descritto così la figura dell’Apostolo delle Genti, citando un passaggio della
sua Lettera ai Corinzi: “E’ lui che scrive: Tutto faccio
per il Vangelo”, esercitando con assoluta generosità quella che egli chiama “preoccupazione
per tutte le Chiese”. E' questo il Paolo che sta davanti ai nostri occhi, stimolo
costante per l’impegno ecclesiale di tutti noi”. La
riflessione del Papa è partita dalla nascita di Paolo, intorno all’8 dopo Cristo,
datazione da cui deriva la celebrazione in questo 2008 dell'Anno Paolino. Nato a Tarso,
dove era stato proconsole anche Cicerone, Paolo è un ebreo della diaspora che parlava
greco e aveva un nome di origine latina ed era insignito della cittadinanza romana: “Paolo
appare quindi collocato sulla frontiera di tre culture diverse, e forse anche per
questo era disponibile a feconde aperture universalistiche, come si rivelerà nel corso
della vita”. San Paolo, ha proseguito, imparò anche
un lavoro manuale, quello di “fabbricatore di tende”. Il Papa si è soffermato soprattutto
sulla formazione giovanile di Paolo, che verso i 12-13 anni lasciò Tarso per recarsi
a Gerusalemme dove fu educato da Gamaliele il Vecchio, “secondo le più rigide norme
del fariseismo e acquisendo un grande zelo per la Torah mosaica”: “Fu
precisamente sulla base di una forte ortodossia religiosa, là acquisita, che egli
intravide nel nuovo movimento che si richiamava a Gesù di Nazaret un grande rischio
per l’identità giudaica più ortodossa”. Ecco perché,
ha aggiunto, Paolo ha “fieramente perseguitato la Chiesa di Dio”. Il suo fu dunque
un atteggiamento di intolleranza. Tuttavia, proprio in questo contesto si colloca
la Conversione sulla via di Damasco. Evento che, ha anticipato il Papa, sarà affrontato
nella prossima udienza generale. Benedetto XVI ha così rivolto il pensiero ai tre
viaggi missionari di San Paolo, il primo dei quali fu in realtà affidato a Barnaba.
Il secondo viaggio viene invece intrapreso in prima persona da Paolo, dopo il cosiddetto
Concilio di Gerusalemme, in cui gli Apostoli decidono di non imporre ai pagani convertiti
l’osservanza della legge mosaica. Durante il terzo viaggio, probabilmente a Corinto,
ha poi rammentato, Paolo scrive la più grande delle sue Lettere, quella ai Romani,
che rappresenta la sintesi del suo annuncio. Dopo la catechesi, salutando
i pellegrini di lingua francese, il Papa ha espresso un auspicio di pace: “Possa l'esempio
di San Paolo - ha detto - insegnarci a testimoniare infaticabilmente Cristo e affrontare
con coraggio le prove della vita per metterle sotto lo sguardo di Cristo. Mettiamo,
come lui, gli affanni delle nazioni nelle nostre preghiere e nel nostro impegno missionario”.
Parlando in italiano, il Papa ha rivolto un pensiero speciale ai Seminaristi
partecipanti all’incontro estivo degli alunni dei Seminari Maggiori: "Vi
auguro di prepararvi spiritualmente, teologicamente e pastoralmente ad esercitare
con solidità il vostro futuro ministero nel contesto dell’odierna società in gran
parte secolarizzata". Infine, il consueto saluto ai giovani, ai malati
e agi sposi novelli. “L’esempio di Santa Monica che ricordiamo oggi, e di suo figlio
Agostino, che celebreremo domani – ha concluso il Papa – vi aiutino a guardare con
fiducia indomita a Cristo, luce nelle difficoltà, sostegno nelle prove e guida in
ogni momento dell’umana esistenza.