Crisi nel Caucaso: il 1 settembre vertice Ue Il nunzio in Georgia: grave emergenza
umanitaria
Il presidente di turno dell’Ue e presidente francese Nicolas Sarkozy ha convocato
per il primo settembre un vertice straordinario dei capi di stato e di governo dei
27, dedicato alla crisi tra Georgia-Russia. Intanto a 48 ore dall'annunciato ritiro
"completo" delle truppe russe dalla Georgia, la denuncia di Tiblisi: “Mosca controlla
ancora almeno sei postazioni nella parte occidentale del Paese e altre otto al confine
con l'Ossezia del Sud. L’Ossezia del Sud invece accusa la Georgia di concentrare unità
militari e materiale pesante lungo il confine con la repubblica separatista. Ma Tiblisi
nega. Oggi a Tskhinvali è arrivato il commissario del Consiglio d’Europa per i diritti
umani. Mentre una nave da guerra americana, carica di aiuti è giunta in Georgia. Il
servizio da Mosca di Giuseppe D’Amato
In seguito
alla crisi tra Georgia e Russia, il presidente ucraino Viktor Iushenko invita ad accelerare
il processo di adesione dell'Ucraina alla NATO. “L'ingresso nel sistema di sicurezza
euro-atlantico é il solo mezzo per proteggere la vita e il benessere delle nostre
famiglie” ha detto Iushenko in occasione del 17.mo anniversario dell'indipendenza
del Paese.
Nel Caucaso la tensione resta altissima, con duri scambi di accuse
tra Russia e Georgia e il gelo nei rapporti tra Mosca e la NATO, mentre non si attenua
il dramma degli almeno 150 mila profughi causati dal conflitto. Oggi e domenica prossima,
in Italia, la Caritas ha indetto una colletta nazionale per i rifugiati, che hanno
bisogno di tutto. Un impegno di preghiera e solidarietà concreta che fa seguito all’appello
del Papa nell’Angelus di domenica scorsa. Di fronte a questa emergenza Benedetto XVI
ha donato 125 mila dollari in favore dei profughi. Ma ascoltiamo il nunzio apostolico
in Georgia, l'arcivescovo Claudio Gugerotti, raggiunto telefonicamente a Tblisi da
Fausta Speranza:
R. – La vera
emergenza, in questo momento, è attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla
situazione dell’Ossezia del Sud, dove non c’è modo di poter avere il corridoio umanitario
che il Papa ha auspicato, e dove noi non sappiamo – o purtroppo lo sappiamo, da fonti
non ufficiali - come stanno le popolazioni locali, soprattutto la minoranza georgiana.
Perché quello che noi troveremo, se auspicabilmente questo corridoio ci sarà, è tutto
da immaginare; sappiamo che ci sono case bruciate, campi bruciati, villaggi distrutti,
ecc... Lì ci può essere un’emergenza umanitaria ancora più grave, che però non ci
è nota, per la ragione che non si ha accesso a quest’area.
D. – Era immaginabile,
in questa zona del mondo, una crisi di conflitto tale che non si riesce neanche ad
avere un corridoio umanitario?
R. – Le posizioni, in condizioni di esasperazione
si irrigidiscono; si irrigidiscono purtroppo in tutti i posti e in tutte le guerre.
Ora, si tratta di fare in modo che la comunità internazionale si faccia carico di
questo problema, anche perché noi abbiamo profughi che intenderebbero ritornare, e
che se non ci si muove, non faranno più in tempo a tornare, perché bisogna vedere
poi che tipo di regole si creeranno e se saranno nuovamente ammessi alle loro case.
Prima di pensare a tanti dettagli tecnici di carattere balistico, bisognerebbe pensare
a prendersi cura del futuro prossimo di queste persone che sono scappate lasciando
tutto lì, compresi i loro parenti.
D. – Mons. Gugerotti, la gente ha il terrore
di non riuscire a tornare?
R. – Certo, direi che è il primo terrore, proprio
quello di immaginare di aver perduto non soltanto i loro beni, ma anche i loro parenti.
Cioè, noi abbiamo una zona, che sta a 30 km da qui, nella quale non si può né entrare,
né uscire, dal tempo della guerra.
D. – Quanto sono stati sentiti la vicinanza
spirituale e l'aiuto concreto di Benedetto XVI?
R. – Moltissimo. Guardi, io
ho ancora presente questa scena in cui l’Angelus è stato trasmesso – in differita
naturalmente - nella piazza principale di Tbilisi, subito dopo l’appello del Patriarca
georgiano, e tutta la gente ha potuto seguirlo. E abbiamo avuto telefonate di ringraziamento
dalla gente semplice, e le dirò di più. Ieri, a Gori, quando la Caritas è andata
a portare gli aiuti, è stato detto questo: “i georgiani non dimenticheranno mai quello
che il Papa ha fatto per noi”. Queste sono parole testuali.
D. – Cattolici
e ortodossi sempre più uniti in questa situazione...
R. – Direi che in questo
momento si tratta più di sforzi congiunti delle due Chiese, perché le popolazioni
sono separate dal punto di vista geografico, nel senso che la minoranza cattolica
vive in un’area che non è stata toccata dagli eventi bellici. Allora, certamente esiste;
io sto andando adesso a Gori, su invito dell’arcivescovo ortodosso. Sono stato in
visita anche dal patriarca ortodosso, i rapporti sono molto stretti.
D. - In
pratica, gli aiuti del Papa sono andati soprattutto a beneficio dell’area a maggioranza
ortodossa...
R. – Ah, non c’è dubbio. Noi abbiamo a Gori una piccola comunità
cattolica, ma è fatta di poche decine di persone; è chiaro che la quantità di aiuti
umanitari va nel 99% dei casi a favore della popolazione ortodossa perché la percentuale
degli ortodossi, qui, è assolutamente dominante. I cattolici sono pochi, diciamo,
in percentuale, e non sono stati –ripeto- interessati direttamente dagli avvenimenti
bellici.