Il mondo commemora la tratta negriera e la sua abolizione
Ricordare un passato di schiavitù per costruire un futuro libero da ogni forma di
sfruttamento e di oppressione. E’ l’obiettivo dell’odierna “Giornata internazionale
di commemorazione della tratta negriera e della sua abolizione” istituita dall’UNESCO
nel 1998 per far luce su uno dei capitoli più bui della storia dell’umanità e insieme
combattere le nuove forme di schiavitù, prodotto dei tempi moderni. A partire da quel
lontano 23 agosto 1791, quando nella Repubblica Dominicana una rivolta di schiavi
contro i coloni francesi portò alla cacciata degli occupanti e alla fondazione della
Repubblica di Haiti. Una grande sommossa che dai Caraibi si diffuse nelle Americhe
dando avvio al processo di abolizione della schiavitù. Il missionario comboniano
padre Giulio Albanese, direttore delle riviste missionarie delle Pontificie Opere
Missionarie (POM), ricostruisce il passato e il presente del fenomeno della schiavitù
nell’intervista di Claudia Di Lorenzi:
R. – La
tratta degli schiavi è stata indubbiamente una delle peggiori pagine della storia
che ha coinvolto milioni e milioni di persone. Già gli egiziani la utilizzavano, perché
consentiva loro di avere accesso a manodopera praticamente a costo zero. La stessa
pratica si consolidò con i romani. Successivamente, questo fenomeno ha subito un notevole
incremento, soprattutto nell’Ottocento. D. – In questo secondo
millennio, in quali forme si esprime la schiavitù? R. – La maggior
parte di loro è vittima del cosiddetto “border labour”, in italiano: lavoro vincolato.
Si tratta di individui che si consegnano in schiavitù a garanzia di un prestito ricevuto
o quando viene ereditato un debito contratto dalla famiglia di appartenenza. A volte,
poi, capita che si offrano contratti che garantiscano l’occupazione, ma una volta
che giungono sul posto, i lavoratori scoprono di essere purtroppo in una situazione
di vera e propria schiavitù. La cosiddetta “schiavitù classica”, poi, è ancora oggi
presente soprattutto nell’Africa settentrionale. D. – Prodotto
delle moderne società sono quelle forme di schiavitù che coinvolgono donne e bambini
… R. – Il fenomeno della prostituzione è certamente una forma
di schiavismo. A molte donne viene promesso di venire in Europa a studiare e tutta
una serie di garanzie. Nel momento in cui arrivano nel Nord del mondo, diventano ostaggio
di organizzazioni malavitose. Anche l’arruolamento forzato dei “baby-soldiers”: questa
gioventù bruciata è stata costretta ad imbracciare il fucile e a combattere sotto
l’effetto di sostanze stupefacenti o addirittura di un’ipnosi collettiva. Anche nel
momento in cui viene raggiunto un accordo negoziale, per questi ex “baby-soldiers”
la vita è sempre comunque molto difficile! D. – Quali meccanismi
economici e sociali ne favoriscono la sopravvivenza? R. – Nel
mondo-villaggio globale, dove si investe nei Paesi del Sud del mondo perché la manodopera
è a basso costo, ecco che allora questo fenomeno si acutizza notevolmente. Quello
che è importante - si dice - è risparmiare: è tragico quando si risparmia sulle persone! D.
– Cosa possono fare le istituzioni per contrastare la diffusione delle moderne forme
di schiavitù? R. – E’ necessaria innanzitutto una maggiore
correttezza a livello di relazioni politiche internazionali. L’agenda dei diritti
umani molte volte è messa da parte, soprattutto quando si tratta di fare affari. Dovrebbe
invece rappresentare una conditio sine qua non!