2008-08-23 14:06:07

Il mondo commemora la tratta negriera e la sua abolizione


Ricordare un passato di schiavitù per costruire un futuro libero da ogni forma di sfruttamento e di oppressione. E’ l’obiettivo dell’odierna “Giornata internazionale di commemorazione della tratta negriera e della sua abolizione” istituita dall’UNESCO nel 1998 per far luce su uno dei capitoli più bui della storia dell’umanità e insieme combattere le nuove forme di schiavitù, prodotto dei tempi moderni. A partire da quel lontano 23 agosto 1791, quando nella Repubblica Dominicana una rivolta di schiavi contro i coloni francesi portò alla cacciata degli occupanti e alla fondazione della Repubblica di Haiti. Una grande sommossa che dai Caraibi si diffuse nelle Americhe dando avvio al processo di abolizione della schiavitù. Il missionario comboniano padre Giulio Albanese, direttore delle riviste missionarie delle Pontificie Opere Missionarie (POM), ricostruisce il passato e il presente del fenomeno della schiavitù nell’intervista di Claudia Di Lorenzi:RealAudioMP3

R. – La tratta degli schiavi è stata indubbiamente una delle peggiori pagine della storia che ha coinvolto milioni e milioni di persone. Già gli egiziani la utilizzavano, perché consentiva loro di avere accesso a manodopera praticamente a costo zero. La stessa pratica si consolidò con i romani. Successivamente, questo fenomeno ha subito un notevole incremento, soprattutto nell’Ottocento.
 
D. – In questo secondo millennio, in quali forme si esprime la schiavitù?
 
R. – La maggior parte di loro è vittima del cosiddetto “border labour”, in italiano: lavoro vincolato. Si tratta di individui che si consegnano in schiavitù a garanzia di un prestito ricevuto o quando viene ereditato un debito contratto dalla famiglia di appartenenza. A volte, poi, capita che si offrano contratti che garantiscano l’occupazione, ma una volta che giungono sul posto, i lavoratori scoprono di essere purtroppo in una situazione di vera e propria schiavitù. La cosiddetta “schiavitù classica”, poi, è ancora oggi presente soprattutto nell’Africa settentrionale.
 
D. – Prodotto delle moderne società sono quelle forme di schiavitù che coinvolgono donne e bambini …
 
R. – Il fenomeno della prostituzione è certamente una forma di schiavismo. A molte donne viene promesso di venire in Europa a studiare e tutta una serie di garanzie. Nel momento in cui arrivano nel Nord del mondo, diventano ostaggio di organizzazioni malavitose. Anche l’arruolamento forzato dei “baby-soldiers”: questa gioventù bruciata è stata costretta ad imbracciare il fucile e a combattere sotto l’effetto di sostanze stupefacenti o addirittura di un’ipnosi collettiva. Anche nel momento in cui viene raggiunto un accordo negoziale, per questi ex “baby-soldiers” la vita è sempre comunque molto difficile!
 
D. – Quali meccanismi economici e sociali ne favoriscono la sopravvivenza?
 
R. – Nel mondo-villaggio globale, dove si investe nei Paesi del Sud del mondo perché la manodopera è a basso costo, ecco che allora questo fenomeno si acutizza notevolmente. Quello che è importante - si dice - è risparmiare: è tragico quando si risparmia sulle persone!
 
D. – Cosa possono fare le istituzioni per contrastare la diffusione delle moderne forme di schiavitù?
 
R. – E’ necessaria innanzitutto una maggiore correttezza a livello di relazioni politiche internazionali. L’agenda dei diritti umani molte volte è messa da parte, soprattutto quando si tratta di fare affari. Dovrebbe invece rappresentare una conditio sine qua non!







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