Iraq: accordo per il ritiro delle truppe americane entro il 2011
Si fa sempre più concreta l’ipotesi di un disimpegno degli Stati Uniti dall’Iraq.
Le truppe americane lasceranno il Paese del Golfo entro la fine del 2011. Sono questi
i termini dell’accordo concluso tra negoziatori di Washington e di Baghdad. Il ritiro
comincerà gradualmente dal giugno del prossimo anno. Ora, l’intesa dovrà essere esaminata
dalla presidenza collegiale irachena. Quale futuro si intravede, dunque, per l’Iraq?
Giancarlo La Vella lo ha chiesto a don Renato Sacco, di Pax Christi,
rientrato di recente dal Paese iracheno:
R. - Credo
che andrebbe detto, da una parte, che era meglio non andare, ascoltando Giovanni Paolo
II, quando ci diceva che la guerra è un’avventura senza ritorno. Sul futuro che si
prevede per l’Iraq, a dire il vero, sono un po’ perplesso, perché se gli Stati Uniti
stanno costruendo la più grande ambasciata del mondo, proprio a Baghdad, non è che
abbiano tanta voglia di togliersi da quel luogo così strategico per tutto il Medio
Oriente. Credo anche che si possa controllare un Paese, non per forza girando per
le strade, ma in altro modo. Il rischio è che poi si tenti di controllare politicamente
ed economicamente un Paese, senza dare garanzie. Il diritto internazionale, però,
prevedrebbe che la forza occupante si occupi della vita della gente. D.
- C’è una maturità nella gestione del Paese, assunta dalla nuova leadership irachena? R.
- Credo sia una maturità che vada aiutata: nel lavorare per il bene del Paese, nel
ripudiare ogni forma di violenza. D. - In quest’opera di aiuto,
può avere un ruolo importante la comunità cristiana in Iraq? R.
- Credo che abbia un ruolo molto importante la comunità in Iraq ed anche i cristiani
non in Iraq, per accompagnarli in questo difficile compito. con un impegno a favore
della gente, contro la logica della violenza, perchè con la violenza non si ottiene
nulla. Il rischio è che davvero sia proprio la presenza cristiana l’unica voce forte
contro la violenza e credo che dobbiamo aiutarli a non sentirsi soli in questo impegno
di pacificazione.