Gelo tra Russia e NATO. Mons. Tomasi: le nuove tensioni e la corsa agli armamenti
pagate dai più deboli
La Russia ha formalmente comunicato, ieri, ai vertici della NATO la sospensione di
tutte le attività di cooperazione militare con l’Alleanza Atlantica. La presa di posizione
di Mosca fa seguito al conflitto con la Georgia e avviene all’indomani dell’accordo
sullo scudo spaziale siglato tra Washington e Varsavia. Sempre più tesi dunque i rapporti
tra la Russia e l’Occidente, con il Consiglio d’Europa che ha definito “inaccettabili”
le violazioni della Russia in territorio georgiano. Dal canto suo, il segretario di
Stato americano, Condoleezza Rice, ha ribadito che gli Stati Uniti non considerano
la Russia un nemico e che “non siamo di fronte ad una nuova Guerra Fredda”. Sulla
difficile situazione internazionale, Alessandro Gisotti ha intervistato l’arcivescovo
Silvano Maria Tomasi, Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ufficio
ONU di Ginevra:
R. – Il sistema
multilaterale si trova in una specie di crisi e questo a scapito dei Paesi più deboli
e dei Paesi più poveri. Il momento cruciale di questo distacco della Russia dal sistema
NATO è uno dei segni di questa difficoltà. L’altro è stato, tre, quattro settimane
fa, il fallimento del cosiddetto “Doha Development Round”. Sono i segnali che c’è
una certa inquietudine e una difficoltà nel lavorare assieme in campo internazionale.
In questo momento, dobbiamo veramente fare un salto di qualità, essere propositivi,
specialmente noi cristiani, per rafforzare questa unità della famiglia umana, che
si deve esprimere anche attraverso delle organizzazioni e delle strutture che fanno
un passo più in là di solidarietà verso i più bisognosi.
D.
– Mons. Tomasi, parlare di ritorno alla Guerra Fredda è forse eccessivo, ma certo
cresce la preoccupazione per una nuova corsa agli armamenti. Quali passi muovere per
uscire da questa crisi?
R. – La paura è per l’inefficacia
e la mancanza di risultati nelle discussioni che si sono avute negli ultimi anni per
quanto riguarda il disarmo, e soprattutto il disarmo nucleare. Fa vedere che c’è stata
una certa reticenza nel voler affrontare in maniera decisiva la questione fondamentale
del disarmo atomico. Mettere i missili in Polonia e d’altra parte la controrisposta
russa che vuole portare i suoi missili in una zona vicina all’Europa, ai territori
dell’Unione Europea, fa crescere questa tensione. C’è un prezzo che verrà pagato se
si continua su questa strada: la mancanza di comunicazione, di intercambio… Se questa
globalizzazione che penetra un po’ dappertutto viene di nuovo limitata dal nazionalismo
e dal protezionismo, c’è il rischio che ci siano nuovi problemi per la famiglia umana.
D.
– Quale ruolo può svolgere la Santa Sede?
R. – La
nostra ispirazione cristiana ci porta a vedere la famiglia umana come unita, come
una. Noi non ci rifugiamo in un’astrazione intellettuale, ma dobbiamo affrontare le
situazioni concrete e portare questo nostro messaggio di unità, di solidarietà con
responsabilità. Ed è attraverso questa strada, con pazienza, presentando gli argomenti
di interesse comune - che non è solo una questione etica, ma anche una questione di
interesse - che possiamo contribuire con qualcosa di molto prezioso e sbloccare in
qualche maniera, o almeno tentare di farlo, la situazione di tensione che si è venuta
a creare in queste ultime settimane.
D. – Il prossimo
anno si celebrerà il 20.mo anniversario della caduta del Muro di Berlino. Quali sono
i suoi auspici per questa ricorrenza, che ora assume un significato particolare? R.
– Questo muro è stato un tentativo di dividere e di isolare intere popolazioni. Nella
storia i muri non sono serviti e non serviranno neanche in questo momento. Ci sono
muri che vengono costruiti tra palestinesi e israeliani, tra americani e messicani.
Questo è contrario a quella prospettiva di solidarietà e di comunione, di partecipazione,
che nasce dal fatto che siamo tutti figli di Dio.