Russia e Georgia firmano la tregua. Appello di mons. Gugerotti per i profughi
Oggi nuovo passo verso la stabilizzazione con la firma, dopo quella georgiana, anche
del leader russo Medvedev, al piano per il cessate il fuoco mediato dalla presidenza
francese della Ue. Ora si discutono i punti previsti dal testo, mentre arrivano i
commenti positivi dall’Occidente e dagli Stati Uniti. Il presidente Bush ribadisce
l’urgenza di un ritiro immediato di Mosca e l’appartenenza di Ossezia del Sud e Abkhazia
alla Georgia “senza discussione”. Sul terreno intanto la situazione resta confusa
da accuse reciproche e smentite su bombardamenti e spostamenti di truppe. In questo
scenario la Corte internazionale di giustizia dell'Aja ha convocato sia Russia che
Georgia fra l'8 e il 10 settembre su richiesta di Tbilisi per valutare eventuali violazioni
di diritti umani. Il servizio è di Giuseppe D’Amato: Ma
sulla firma della tregua ascoltiamo il commento di mons. Claudio Gugerotti,
nunzio apostolico, in Georgia, raggiunto telefonicamente a Tblisi da Sergio Centofanti:
R. – C’è
una grande soddisfazione per il fatto che si è arrivati almeno ad alcuni principi
comuni, ma bisogna vedere se vengono applicati, perché per ora non si muove niente,
come se non avessero firmato!
D. – In questo momento qual è la situazione?
R.
– La situazione non è cambiata in nulla. In alcune parti sembra che le truppe russe
comincino a ritirarsi; nei punti più noti e fondamentali per ora non si vedono spostamenti,
bisogna aspettare ancora qualche ora per vedere se ci saranno degli effetti.
D.
– Invece, qual è la situazione dei profughi?
R. – Molto, molto dolorosa. Nel
senso che i profughi sono cresciuti di numero. Io non so che tipo di assistenza ricevano
attraverso la Federazione Russa, che aiuta – pare – l’Ossezia del Sud passando dall’Ossezia
del Nord; così l’Ossezia del Sud rimane completamente isolata rispetto alla Georgia:
non c’è nessun modo di comunicare. E questo, per la gente, è una grande tragedia perché
non riescono a sapere nulla dei loro anziani, dei loro ammalati che sono rimasti lì.
E poi c’è la situazione drammatica della mancanza di generi alimentari. Quando ho
visitato i profughi ieri erano completamente digiuni ed erano 1.500 in una scuola:
non c’erano impianti igienici, non c’erano fognature ... Il problema riguarda soprattutto
i bambini piccoli che non possono mangiare cibo solido.
D. – Quali sono adesso
le prospettive?
R. – Intanto si spera arrivino gli aiuti umanitari e sembra
che stiano arrivando: anche la Caritas qui si è mossa, per prima e in maniera molto
massiccia con i mezzi, naturalmente, che ha a disposizione. Si tratta di garantire
un minimo di sopravvivenza a questi profughi.
D. – Si parlava anche di un corridoio
umanitario ...
R. – E’ questo che noi auspichiamo fortemente. Per il momento,
ancora non è stato istituito.