Emergenza alimentare nello Sri Lanka per l'aumento degli sfollati
In soli due mesi e mezzo oltre 75 mila persone in fuga, molte costrette a vivere all’aperto,
sotto gli alberi. Questi gli allarmanti dati diffusi dall’ONU sulla situazione dello
Sri Lanka del nord, la zona controllata dalle Tigri Tamil per la liberazione Eelam
(LTTE), divenuta un campo di battaglia permanente e difficilmente accessibile anche
agli aiuti umanitari. Il National Peace Council (NPC), gruppo che lavora per i diritti
di tutte le comunità, infatti, spiega che spesso l’esercito impedisce l’invio di aiuti
alla popolazione, per timore che l’LTTE se ne appropri per fini bellici. “Il benessere
della popolazione – osserva il NPC – non deve essere impedito da ragioni strategiche.
I civili non debbono essere usati come scudo umano, e noi chiediamo al governo di
non far uso di fuoco aereo e di artiglieria nelle zone abitate. Chiediamo anche che
sia stabilito un corridoio umanitario, rispettato da esercito e ribelli, con l’aiuto
di Nazioni Unite e Croce Rossa, dove chi vuole possa andare e lasciare la zona di
guerra per poi essere trattato con rispetto e dignità, senza essere confinato nei
“campi di accoglienza”. La stessa richiesta – informa AsiaNews – è venuta dal vescovo
di Mannar, mons. Jospeh Rayappu. Il governo, tuttavia, ha affermato di avere le prove
che la gran parte degli aiuti umanitari per i civili sono stati presi dai separatisti
e ha comunicato che l’esercito sta guadagnando terreno e riconquistando villaggi.
(S.G.)