2008-08-11 14:28:02

Memoria di Santa Chiara d'Assisi. Il suo messaggio: donare la vita a Cristo


“Colloca il tuo cuore in Colui che è figura della divina sostanza e trasformati interamente, per mezzo della contemplazione, nell'immagine della divinità di Lui”. Così scriveva Santa Chiara d’Assisi che morì nel monastero di San Damiano l’11 agosto 1253, due giorni dopo aver ricevuto l’approvazione papale della sua regola. Erede dello spirito francescano, la fondatrice delle Clarisse amò profondamente il Santissimo Sacramento tanto che la sua ostensione salvò Assisi dai Saraceni. Ma cosa dice ancora oggi questa Santa al mondo? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Suor Chiara Franca Bielli, abbadessa della comunità di clausura delle Clarisse di Santa Chiara di Roma:RealAudioMP3

R. – Io credo quello che ha sempre detto e cioè che spendere la vita e donare la vita a Cristo sia la cosa più importante, anche se oggi il mondo non lo vuol sapere e non lo vuole ammettere. Credo che dare la vita al Signore sia la cosa più importante.

 
D. – Come vivono oggi le Clarisse il messaggio di Santa Chiara in una vita organizzata controcorrente rispetto alla tecnologia, alla comunicazione immediata...

 
R. – Anche noi usiamo i mezzi tecnici, però ricordando sempre che questo non ci deve portare più nel mondo. I principi della nostra vita, del silenzio, della preghiera, del ritiro devono prevalere sempre, anche se ci sono dei media che ci possono, se non stiamo attente, farci divagare.

 
D. – Annunziare il Vangelo è la regola di vita consegnata da Chiara alle sorelle “spose dello Spirito Santo”. Come si può raggiungere questo obiettivo nella clausura?

 
R. – Noi non andiamo ad annunciare il Vangelo per le strade, ma ciò che noi dobbiamo annunciare è ciò che viviamo: la gioia di appartenere a Cristo, di vivere in sostanza per il mondo, perché non è che siamo qui per vivere per noi, ma per Cristo, per Dio, per la Chiesa e per il mondo. Quindi, è questo il nostro modo di annunciare: la vita vissuta.

 
D. – La regola di Santa Chiara è una regola per la prima volta scritta da una donna, con una sensibilità probabilmente nuova, rispetto al passato...

 
R. – Sì, questo è vero. Diciamo però che Santa Chiara ha avuto questa illuminazione anche da San Francesco. Era innamorata della povertà, quindi, ha avuto il coraggio di scrivere la regola che era un disegno che il Signore aveva su di lei, è stata fedele. Era il suo amore grande per Cristo, perché Cristo era povero. In una lettera a Sant’Agnese di Praga, Santa Chiara dice che non dobbiamo avere paura o avere vergogna o desiderare ciò che Cristo non ha avuto: siamo spose di Cristo crocifisso e risorto. Il suo ideale era Lui e basta.

 
D. – Giovanni Paolo II aveva definito Santa Chiara “una piccola pianta” all’ombra di San Francesco...

 
R. – Sappiamo che la fondatrice delle Clarisse è stata Santa Chiara, ma diciamo sempre che San Francesco l’ha avviata e hanno vissuto quei momenti di scelta insieme. Questo diventa appunto una forza per il mondo, una forza per l’ordine, una forza per chi vuole mettersi in ascolto di questa spiritualità. E, infatti, tanta gente oggi vuol sapere qualcosa almeno di come noi viviamo, praticamente, per essere così felici. Solo se si è nella volontà di Dio e nella chiamata che Dio fa ad ognuna di noi si è felici.

 
D. – Quale ancora oggi il valore di quella dimensione eucaristica così presente, così importante nella storia di Santa Chiara?

 
R. – Certo, il valore più importante e più grande è questo, perché noi sappiamo che dal Tabernacolo, da Gesù Cristo, si riceve forza, grazia e amore. Se noi spendiamo la vita in questo, la spendiamo perché senza di Lui non possiamo far niente, non solo nella preghiera, ma sbucciandoci le ginocchia davanti a Gesù Eucaristia, per il bene dei fratelli, della Chiesa, del mondo, dell’ordine, delle missioni: solo da lì noi riceviamo la forza.







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