Il Gran Muftì di Siria invita il Papa a Damasco per l’Anno Paolino
L’anno Paolino, inaugurato da Papa nel giugno scorso nella Basilica di San Paolo Fuori
Le Mura a Roma, rappresenta per Damasco un’occasione di dialogo ecumenico tra le religioni.
La Siria, Paese per il 90% musulmano, si contraddistingue infatti per una forte tradizione
multireligiosa, frutto di una convivenza sociale che trova le sue origini nelle radici
delle prime comunità cristiane nate nella regione duemila anni fa. Un dialogo tra
musulmani e cristiani è “sempre esistito in Siria” - sottolinea il direttore della
Grande Moschea degli Omayyadi, Jamal Mustafa Arab ad un gruppo di giornalisti europei
in Siria su invito del Ministero del Turismo locale in collaborazione con l’Opera
Romana Pellegrinaggi - e si fa più forte – continua ricordando Giovanni Paolo II
in visita alla Grande Moschea nel 2001 - quando “nasce dall’esperienza del vivere
gli uni con gli altri, ogni giorno, in seno alla stessa comunità e cultura”. Ma è
il Gran Muftì di Siria, Ahmed Badr Al Deem Hassun a rilanciare il dialogo invitando
Benedetto XVI a Damasco per l’Anno Paolino. Ascoltiamolo al microfono di Luca Collodi:
R. -
(Parole in arabo) Damasco in questo periodo rappresenta la capitale della
cultura araba, ma allo stesso tempo è la capitale dell’Anno Paolino. San Paolo è colui
che è stato folgorato proprio sulla via di Damasco, è colui che è stato trasformato
da Saulo a San Paolo. Quest’anno si celebra il bimillennario della nascita di San
Paolo. Sarei molto lieto se il Santo Padre accettasse il nostro invito a visitare
la Siria, proprio nel corso di quest’anno, o se si potesse svolgere l’incontro tra
il Gran Muftì e il Santo Padre in Vaticano, anche per preparare questa visita. Sperando
di avere in questo modo un ruolo che ci permetta di piantare il fiore della pace nel
Medio Oriente. Per l’arcivescovo Giovanni Battista Morandini, Nunzio
in Siria, “l’Anno Paolino è stato una grande intuizione”. “E in Siria, proprio sul
fronte del dialogo, afferma, ci sono già frutti impossibili da immaginare solo pochi
mesi fa”. Camminare sulle orme di San Paolo, tra l’altro,- ricorda il Nunzio - “ci
dà l’opportunità di vivere l’esperienza della fede cristiana, di scoprire nuovamente
la Chiesa e di ritrovare le culture alla base della conversione di Paolo. Sull’Anno
Paolino in Siria, ascoltiamo mons. Morandini intervistato da Luca Collodi:
R. –
Damasco è essenziale per la storia stessa della nostra Chiesa: Paolo e Pietro sono
le due colonne della Chiesa. Paolo riceve direttamente da Cristo, senza aver vissuto
con Cristo, quando va in estasi, diventando uno fra i più importanti apostoli delle
genti. Ma l’importanza è poi anche sul piano culturale e mi piace molto vedere questo
segno dei tempi e vedere che quest’anno Damasco è la capitale della cultura araba.
In “questo uomo delle genti” – come ha detto il Santo Padre – si trova la ricchezza
grandiosa ed unica di Paolo combinata con l’ecumenismo, perché Paolo è l’Apostolo
delle genti. Io vorrei far sentire questo anche molto alla nostra gente: Damasco è
la città, dove si è realizzato il Mistero di Cristo, che è diventato poi la Chiesa:
una, santa, cattolica ed apostolica. D. – Che impatto ha l’Anno
Paolino sul dialogo tra le religioni in Siria? R. – Lo vedo
– se si può dire così – in termini tecnici. In termini veri la cosa è diversa: c’è
una ricerca di fondo, ma c’è questa comunione tra le chiese, perché qui siamo cattolici
(sei chiese), ortodossi, greco-cattolici, siro-cattolici. E’ quindi si tratta di un
dialogo non a distanza, ma direi che bisognerebbe forse spingerlo un po’ di più. Noi
stiamo ora cominciando l’Anno Paolino e, quindi, anche sul piano ecumenico c’è una
ricerca comune e speriamo che man mano che si vada avanti diventi sempre più profonda.
La cultura siriana è una cultura millenaria sulla quale si innesta poi la cultura
cristiana di Paolo e che diventa sempre più anche risposta sul piano della vita quotidiana.
Vedere come oggi la Siria - così come l’ha definita il Santo Padre e così come soltanto
lui fa fare - sia la culla delle religioni e delle culture. Mi pare che proprio lì
si incentri l’Anno Paolino così come ha voluto il Papa, per conoscere sempre di più
il Paolo vero, profondo, con accanto poi lo sforzo ecumenico di trovare le strade
di Damasco. Qui si può veramente vivere – e parlo di religione e non di fede – in
armonia e in serenità. Credo che questa sia una delle cose più belle che riesco a
trovare nell’Anno Paolino: un conglomerato di culture che convivono in maniera perfetta
o quasi perfetta, anche dal punto di vista religioso.