Abbraccio di pace alle Olimpiadi di Pechino tra un'atleta russa e un'atleta georgiana
L’attualità internazionale continua a segnare le Olimpiadi di Pechino. Tra record,
sorprese e polemiche arriva il bel gesto di due atlete – una russa, l’altra georgiana
– che sul podio dopo la gara di tiro a segno si sono abbracciate. Quali le reazioni
di fronte a questo comportamento? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Flaminia
Rosati che si trova a Pechino:
R. – E’ il
massimo dello spirito olimpico che ci si possa aspettare e forse anche l’idea che
ci possano essere due Paesi in guerra senza che le singole persone lo siano fra di
loro. Cosa, questa, che probabilmente succede sempre. Ci si dimentica che nello sport,
come altrove e come anche nella vita, si porta quello che si è e non necessariamente
e non sempre e non solo una ragion di Stato.
D. –
Di contro a questo gesto c’è il forfait del nuotatore iraniano che, secondo fonti
di stampa, non ha gareggiato in vasca con il nuotatore israeliano per motivi politici,
anche se ufficialmente si parla di febbre…
R. – Sì,
ufficialmente si parla di un malessere. E’ una agenzia iraniana che ha dato questa
altra versione più politica. Sappiamo che questo è capitato altre volte. Ma non è
mai successo dal ’79 che due atleti – iraniano e israeliano - si siano scontrati insieme
in gara. Qui forse è successo esattamente il contrario di quello che si è verificato
sul podio del tiro a segno. Se ha prevalso la ragion di Stato non si sa esattamente
per decisione di chi, se sono i singoli o se più probabilmente obbediscono a qualcosa
che viene dall’alto. Anche, in questo caso, significa portare nello sport quello che
si è; lo sport è una metafora, al quale ci si rapporta con quel che si è nel bene
e nel male.
D. – In Cina è uno dei giorni più attesi,
per la gara di basket tra la nazionale di casa e gli Stati Uniti, largamente favoriti.
Sarà presente pure il presidente Bush: che clima si respira?
R.
– Io ho avuto modo di cogliere soltanto la chiacchierata con un ragazzo cinese che
fa servizio di volontariato sul nostro autobus e mi ha detto che il suo desiderio
principale era di vedere del grande sport, contava di arrivare il più rapidamente
possibile ad un televisore per potersela guardare. Credo che la gente comune pensi
un po’ meno alla componente politica che c’è nello sport, il pubblico ha solo desiderio
di vedere del grande sport. In fondo le Olimpiadi, prima di tutto, vengono fatte per
questo anche se poi certamente il ritorno economico, di immagine e di vetrina significano
inevitabilmente tantissime altre interpretazioni possibili, tante componenti simboliche
di natura politica, di sensibilità e di altro tipo. Alla fine, credo che il primo
senso debba restare sempre quello dell’onestà, tutto il resto è un qualcosa che viene
applicato a questo mondo, ma potrebbe essere applicato anche a qualche altro mondo.
Lo sport è una competizione e a volte anche molto ruvida, ma si spera sempre onesta.
Certo è che non è una guerra e non deve esserlo mai!