Il golpe in Mauritania: intervista con padre Aldo Giannasi
In Mauritania il deposto presidente, arrestato in seguito al golpe di mercoledì scorso,
è stato trasferito da uomini della Guardia presidenziale nel Palazzo dei Congressi.
Ieri, intanto, è comparso in pubblico per la prima volta il generale Mohamed Ould
Abdel Aziz, leader della giunta che ha preso il potere nello Stato africano. Aziz
ha promesso di “risolvere tutti i problemi” del Paese e ha annunciato, prima possibile,
elezioni “libere e trasparenti”. Ma ci sono stati segnali di tensione politica che
hanno preceduto questo golpe? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto a padre Aldo
Giannasi, sacerdote dei Padri Bianchi, missionario in Mali da 40 anni:
R. – Questo
colpo di Stato ha sorpreso un po’ tutti gli osservatori. La sola cosa particolare
è che prima del colpo di Stato, il lunedì precedente, un gruppo di senatori e parlamentari
aveva dato le dimissioni dal partito al potere; forse la Mauritania non ha ancora
avuto la possibilità di fare un’esperienza democratica che dal vertice passi alla
base.
D. – La Mauritania è oggi al centro dell’attenzione
mediatica per il golpe della giunta militare. Ma quali sono, oltre a questo sconvolgimento
politico, le questioni e i problemi centrali legati a questo Stato?
R.
– La Mauritania è un Paese desertico, un Paese che è attaccato, direi aggredito crudelmente
sia dallo shock petrolifero, sia dalla salita continua dei prezzi relativi alle derrate
alimentari, che poi in Mauritania sono quasi tutte importate. C’è una certa ricchezza
nel Paese: il fosfato, il ferro e, in futuro prossimo, anche il petrolio. Sono cose
che ancora sono in mano soltanto ad alcune società e quindi non portano quel benessere
che ci si potrebbe aspettare. E’ difficile, quindi, comprendere i motivi veri che
hanno portato a questo nuovo colpo di Stato.
D. –
La Mauritania è una Repubblica islamica, quale ruolo ha la religione in questo Stato?
R.
– Perché si chiama islamica? Non è che i fondatori abbiano voluto costituire una Repubblica
su base teocratica. Quando la Repubblica si è costituita negli anni Sessanta, è stata
aggiunta la definizione islamica. Questo per dire al Re del Marocco: siamo autosufficienti,
siamo una Repubblica islamica e quindi non avanzare pretese su base religiosa. In
realtà la Repubblica della Mauritania ha finora fatto parte di quei Paesi musulmani
moderati dell’Africa Occidentale. Ci sono dei cristiani in Mauritania; c’è una presenza
della Chiesa e la Chiesa è accettata, anche se è veramente minoritaria.
D.
– Voi missionari, soprattutto in Africa, avete conosciuto in diversi Paesi situazioni
di grave instabilità politica. Come gli uomini di Chiesa accompagnano la popolazione
in queste delicate fasi storiche?
R. – La missione
è vivere con la gente, restare il più possibile accanto alla gente ed anche nel momento
del pericolo. Riguardo l’Africa pensiamo al ’91, quando sono cadute una dopo l’altra
le dittature. Le nazioni a chi si rivolgono per mettere in piede una Costituente?
Ai vescovi. E’ veramente straordinario, ma questo viene dal fatto di essere insieme
con la gente.