L’amore di Cristo che redime la sofferenza dell’uomo e l’amministrazione dei Sacramenti
ai ragazzi di oggi tra i temi forti del dialogo tra Benedetto XVI e i sacerdoti incontrati
al Duomo di Bressanone
Il significato della sofferenza nella vita di un cristiano e l’importanza della catechesi
dei bambini nella preparazione ai Sacramenti sono stati i temi affrontati dal Papa
nelle risposte a due sacerdoti di lingua italiana, nell’incontro con il clero altoatesino,
ieri nel Duomo di Bressanone. Come nelle altre quattro risposte, in lingua tedesca,
su diversi temi di grande attualità per la vita pastorale, Benedetto XVI ha risposto
con franchezza, ricorrendo anche ad esperienze personali. Il testo integrale del dialogo
tra Benedetto XVI e i sacerdoti della diocesi di Bolzano-Bressanone verrà pubblicato
domani dalla Sala Stampa della Santa Sede e da “L’Osservatore Romano”. Ma torniamo
alle risposte del Papa ai sacerdoti di lingua italiana con il servizio di Alessandro
Gisotti:
Il messaggio
fondamentale del cristianesimo è che la sofferenza, la passione è presenza dell’amore
di Cristo che ci chiama ad amare i sofferenti: così, Benedetto XVI ha risposto ad
un sacerdote, gravemente malato, che ha chiesto al Santo Padre una parola di conforto
per chi soffre. Riprendendo la sua Enciclica “Spe Salvi”, il Papa ha sottolineato
che la capacità di accettare le sofferenze e i sofferenti è misura dell’umanità. Ed
ha ricordato l’esempio di Giovanni Paolo II, la testimonianza umile della sua passione:
Questa
umiltà, questa pazienza con la quale ha accettato quasi la distruzione del suo corpo,
la crescente incapacità di usare la parola, laddove era stato maestro della parola.
E così ci ha mostrato - mi sembra - visibilmente questa verità profonda che il Signore
ci ha redento con la sua Croce, con la Passione come estremo atto del suo amore. Ci
ha mostrato che la Passione non è solo un non, un negativo, una mancanza di qualche
cosa, ma è una realtà positiva. Papa
Wojtyla, ha aggiunto, ha mostrato che la Passione, accettata nell’amore di Cristo,
nell’amore di Dio e degli altri è una forza redentrice. Certo, ha detto Benedetto
XVI, Giovanni Paolo II è stato un gigante della fede, ha portato il Vangelo fino ai
confini della terra, ha aperto nuove strade e fatto cadere le mura tra due mondi.
Ma questa sua testimonianza nella sofferenza, ha ribadito, è una forza dell’amore
non meno potente dei grandi atti che aveva compiuto nella sua prima parte di Pontificato.
Benedetto XVI non ha mancato di esprimere la sua gratitudine a quanti soffrendo si
uniscono a Dio amore, pur riconoscendo quanto ciò sia difficile:
Vorrei
ringraziare tutti coloro che accettano la passione, che soffrono con il Signore e
vorrei incoraggiare tutti noi ad avere un cuore aperto per i sofferenti, per gli anziani
e capire che proprio la loro passione è una sorgente di rinnovamento per l’umanità
e crea in noi amore e ci unisce a Cristo. Ma alla fine è comunque sempre difficile
soffrire. Al Papa è stata poi chiesta
una riflessione sull’amministrazione dei Sacramenti ai giovani. A porre la domanda
è stato un sacerdote, docente di teologia, che ha rilevato con rammarico che non di
rado i ragazzi sono poco partecipi alla vita ecclesiale. Benedetto XVI ha riconosciuto
di non avere una “risposta infallibile” sull’argomento ed ha affrontato la questione,
prendendo spunto da una sua testimonianza personale:
Quando
ero più giovane ero piuttosto severo. Dicevo: i Sacramenti sono i Sacramenti della
fede, e quindi dove la fede non c’è, dove non c’è prassi della fede quindi anche il
Sacramento non può essere conferito. (…) Anche io nel corso degli anni ho capito che
dobbiamo seguire piuttosto l’esempio del Signore, che era molto aperto anche con le
persone al margine dell’Israele di quel tempo, era un Signore della misericordia. Quindi,
il Papa ha indicato alcune linee guida per affrontare la questione, sulla quale, ha
rammentato, aveva già discusso con i suoi parroci quando era arcivescovo di Monaco:
Quindi
io direi sostanzialmente che i Sacramenti sono naturalmente Sacramenti della fede,
dove non ci fosse nessun elemento di fede, dove la Prima Comunione fosse soltanto
una festa con un grande pranzo, una festa di bei vestiti, di doni, allora non sarebbe
più un Sacramento della fede. Ma dall’altra parte se possiamo vedere una piccola fiamma
di desiderio di comunione con la Chiesa, un desiderio anche di questi bambini che
vogliono entrare in comunione con Gesù, mi sembra che sia giusto essere piuttosto
largo. Il Papa ha così messo l’accento
sull’importanza di coinvolgere anche i genitori nel contesto della preparazione dei
bambini ai Sacramenti. I genitori, ha rilevato, possono reimparare loro stessi la
fede, partecipando al cammino dei propri figli. Di qui l’esortazione a portare la
fiamma dell’amore di Gesù nei cuori dei bambini e tramite i bambini nei cuori dei
loro genitori.