La Conferenza mondiale sull’AIDS rilancia i farmaci retrovirali per la prevenzione
Farmaci e emergenza povertà restano il fulcro delle relazioni e dei dibattiti alla
Conferenza mondiale sull’Aids in corso a Città del Messico. Il servizio di Fausta
Speranza.
I farmaci
antiretrovirali non rappresentano più solo uno strumento di cura ma avranno un ruolo
nella prevenzione. E’ il mondo scientifico ad annunciarlo come un giro di boa nella
lotta all’infezione. A meta' degli anni '90 questi farmaci hanno cambiato il volto
dell'epidemia, permettendo alle persone sieropositive di vivere più a lungo e di avere
una buona qualità di vita. Adesso, per la prima volta diventano strumenti di prevenzione
veri e propri. Finora solo profilattici, microbicidi, comportamenti non a rischio
erano i pilastri della prevenzione dell'Aids: il mondo laico insisteva sui profilattici,
il mondo cattolico difendeva scelte di vita basate su valori profondi. Oggi secondo
lo studio, presentato a Città del Messico e pubblicato sul Journal of Infectious Disease,
del Centro di eccellenza per la ricerca sull'Aids dell'Università della British Columbia
diretto da Julio Montaner, presidente della Societa' Internazionale per l'Aids (Ias),
le nuove infezioni potrebbero ridursi, rispettivamente, del 30%, 50% e 60% nei prossimi
25 anni, a seconda di quanto riuscirà a moltiplicarsi la somministrazione dei farmaci.
Una notizia accolta con ottimismo in particolare dai Paesi in via di sviluppo. Pessimismo,
invece, si registra in relazione alla possibilità di un vaccino. Dopo il fallimento
recente della sperimentazione di un vaccino verso il quale c'erano grandi speranze,
i massimi esperti ammettono di doversi fermare per ripensare strategie di studio.
A oltre 25 anni dall'inizio dell'epidemia, sono dunque sul mercato 20 farmaci diversi,
ma nessun vaccino. Ma guardando al cammino fatto c’è una tappa scientifica da ricordare.
Ne ha parlato, al microfono di Federico Piana, il prof.
Roberto Cauda, ordinario di scienza delle malattie infettive all’Università
Cattolica di Roma:
R. – Il punto di rottura tra
il passato e il presente è rappresentato dal 1996, quando David Howe aveva introdotto
questo nuovo cocktail di farmaci e ricordo che è stato un caso piuttosto raro di un
medico che venisse dichiarato uomo dell’anno dalla rivista Time. E tutta la nuova
storia del trattamento dell’Aids e della malattia da Hiv comincia proprio con questa
nuova possibilità, che ha cambiato radicalmente gli scenari. Il mondo, però, va a
due velocità. E proprio un rappresentante di Medici senza Frontiere alcuni anni fa
ad una conferenza mondiale cui io avevo partecipato aveva detto che il mondo è diviso
in due parti: una linea ideale può dividere il nord del mondo, che ha i farmaci, dal
sud del mondo, che ha i pazienti. Solo ad esempio un bambino su tre può avere accesso
alle cure e il numero dei pazienti che oggi vengono trattati nei Paesi poveri è un’infinita
minoranza rispetto alle necessità. E questo ci dice che in fondo al di là di quello
che sono state le buone intenzioni dei vari G8 dei Paesi ricchi del Three by Five,
dei tre milioni in cinque anni messi in trattamento, si è visto qualcosa, ma resta
ancora tanto, tantissimo da fare.
Intanto, se dal
piano scientifico si passa al piano sociale, si registra la drammatica denuncia dell’aumento
della prostituzione in seguito all’aumento vertiginoso del prezzo del cibo: rappresentanti
della FAO citano il caso di donne che arrivano a prostituirsi per comprare da mangiare
in Kenya, Botswana, Swaziland, Malawi, Zambia e Tanzania. Una situazione, hanno detto,
che si lega drammaticamente al maggior rischio di diffusione del virus Hiv. Ancora
il Professor Cauda:
R. – Certamente, l’Africa subsahariana
rappresenta secondo tutte le casistiche l’area più colpita del mondo e questo è un
dato innegabile. Questo fa innescare dei meccanismi che vanno ben al di là di quello
che è soltanto un problema sanitario già di per sé importantissimo. Vengono colpite
quelle fasce dell’età più produttiva, dai venti ai quarant’anni. E se noi andiamo
a guardare Paesi che sono particolarmente colpiti dall’Aids, vediamo che l’aspettativa
di vita è tornata quella che era negli anni ’50. Vuol dire che tutto quello che faticosamente
le nazioni stesse e la solidarietà internazionale avevano portato in termini di guadagno
di anni di vita e di miglioramento della qualità di vita, questo terribile flagello
lo ha, praticamente, completamente azzerato.