La Chiesa celebra oggi la memoria liturgica di Sant’Ignazio di Loyola. Sulla spiritualità
del fondatore della Compagnia di Gesù, la riflessione del rettore della Gregoriana,
padre Ghirlanda
“Voglio e desidero ed é la mia determinazione deliberata” imitare Gesù: scriveva così
Sant’Ignazio di Loyola, fondatore della Compagnia di Gesù, di cui oggi ricorre la
memoria liturgica. Nato in Spagna nel 1491, spentosi a Roma il 31 luglio 1566, Ignazio
verrà ricordato oggi, alle ore 19, con una celebrazione eucaristica presieduta dal
preposito generale dei Gesuiti, padre Adolfo Nicolás. Il rito si svolgerà nella Chiesa
romana del Gesù dove è venerato il corpo del Santo. Ma qual è l’attualità di Sant’Ignazio
ed in particolare dei suoi “Esercizi Spirituali”? Isabella Piro lo ha chiesto
al padre gesuita Gianfranco Ghirlanda, rettore della Pontificia Università
Gregoriana:
R. – Io mi
focalizzerei anzitutto su un punto: il retto esercizio della libertà della persona.
L’anelito alla libertà è forte in ogni uomo ed è ciò che costituisce l’uomo come persona
a immagine di Dio, ma questa libertà è l’apprendimento dell’equilibrio e della rettitudine
dell’uso della libertà nell’incontro della libertà personale con la libertà di Dio.
E’ l’incontro tra le due libertà ed è, quindi, l’educazione alla vera e responsabile
libertà. Qui mi sembra essere la modernità e l’attualità degli "Esercizi spirituali",
che d’altra parte stanno avendo una presa sempre più grande. Sono ormai 18 anni che
pratico il mese di esercizi a dei seminaristi, che stanno quindi entrando nel ciclo
di formazione per il sacerdozio. Sono anche molte le religiose che fanno il mese di
esercizi prima dei voti perpetui, così come sono molti i laici che sentono questa
esigenza di un contatto profondo nel Signore, un metodo di preghiera così da acquisire
una libertà nelle loro scelte.
D. – Ignazio fu missionario
nelle zone di frontiera. Cosa insegna ai missionari di oggi, soprattutto ai giovani?
R.
– Sant’Ignazio certamente ha avuto fin dall’inizio una visione ampia di tutto il mondo.
All’inizio voleva andare in Terra Santa; poi le circostanze l’hanno portato a Roma
e proprio a Roma si è ampliato il suo orizzonte a tutta la Chiesa e a tutto il mondo,
essendo Roma il centro della cattolicità. C’è questa spinta missionaria, quindi, perchè
l’esperienza profonda di Cristo non lo poteva che portare a difendere e a propagare
la fede. E non solo perchè in quel periodo storico si vedeva ciò come necessario -
nel tempo, appunto, della riforma protestante - ma proprio come un qualcosa di intrinseco,
quindi non contingente e questo era fondato sulla esperienza profonda di Cristo. Certamente,
oggi, questo anelito missionario non può essere soltanto "ad gentes", dove è necessario
portare il primo annuncio, ma anche in quelle terre che hanno perso il loro anelito
cristiano, hanno perso la caratteristica cristiana e sono quindi da rievangelizzare,
in un dialogo tra la fede e la cultura secolarizzata post-moderna, nella quale appunto
ci si trova a vivere. Questa è una vera e nuova sfida missionaria.
D.
- Sant’Ignazio scriveva: “Signore, dammi il tuo amore e la tua grazia e questo mi
basta”. Quale riflessione scaturisce da questa massima?
R.
– Se si trova Cristo, tutto il resto perde i contorni. Non perde senso o valore, ma
viene messo al giusto posto, per cui effettivamente l’unica cosa che vale è la grazia
di Cristo e il suo amore, perchè è solo questo che poi dà senso a tutto quanto il
resto e allora anche la propria vita può fare a meno di tante cose, ma certamente
non può fare a meno della grazia e dell’amore di Cristo. Altrimenti la vita stessa
perde senso. E’ questo il messaggio che Sant’Ignazio ha vissuto, che ci ha lasciato
e che viene trasmesso attraverso gli Esercizi. Gli Esercizi terminano con questa preghiera,
con questa richiesta, che è il messaggio che lascia ad ogni cristiano. Se il cristiano
non mette Cristo al di sopra di tutto, vivrà una vita cristiana sempre scialba e mediocre.
D. – Quindi, come vivere nel modo migliore la memoria
liturgica di Sant’Ignazio di Loyola?
R. – La Liturgia
è il momento celebrativo della lode e del ringraziamento: la lode a Dio per aver dato
questo Santo alla Chiesa e agli uomini e quindi il ringraziamento. Ma il momento liturgico
è lode e ringraziamento se c’è almeno lo sforzo e il desiderio vero nella propria
vita, altrimenti rimane un atto puramente formale. Chi vi partecipa deve vivere quindi
nella sua vita questa lode e questo ringraziamento.