In Israele, chieste elezioni anticipate dopo l’annuncio di dimissioni del premier
Ehud Olmert
L’opposizione israeliana ha chiesto elezioni anticipate dopo la dichiarazione di dimissioni
del premier Ehud Olmert. Dopo un lungo periodo di polemiche legate alle accuse di
corruzione, peraltro sempre respinte, Olmert ha di fatto annunciato la fine della
propria carriera politica. Non si candiderà alle primarie del partito "Kadima", in
programma il 17 settembre, e successivamente lascerà la carica di capo del governo.
L’annuncio, ieri, in un discorso pubblico a Gerusalemme. Ce ne parla Graziano Motta:
La decisione
di Olmert è stata presa alla vigilia di un nuovo interrogatorio per quella parte dell’inchiesta
giudiziaria relativa ai rimborsi di spese di viaggio e di rappresentanza. Ieri sera,
dagli schermi televisivi, ha voluto riaffermare la sua innocenza, ma ha anche ammesso
che per la stabilità della nazione è meglio fare un passo indietro. Una decisione,
questa, accolta positivamente dalla maggioranza dell’opinione pubblica, dagli alleati
di governo e all’interno del suo partito, dove due candidati si contenderanno la successione
alla leadership: la signora Tzipi Livni, attuale ministro degli Esteri, e l’ex capo
di Stato Maggiore, Shaul Mofaz. Le preoccupazioni internazionali sono evidentemente
per il processo di pace: il presidente americano Bush ha telefonato ad Olmert per
ringraziarlo per i suoi sforzi e della sua cooperazione; il presidente palestinesi
Abu Mazen, attraverso il suo portavoce, sostiene che le decisioni di Olmert sono un
affare interno israeliano ed è quindi pronto a lavorare con un altro primo ministro;
mentre la Siria teme, invece, che possano esserci ripercussioni sui negoziati indiretti
in corso con Israele. L’annuncio delle dimissioni del premier israeliano
Ehud Olmert, seppur in parte prevedibili, ha scosso il mondo politico internazionale.
Ad Antonio Ferrari, inviato del "Corriere della Sera", Stefano Leszczynski
ha chiesto perché questo annuncio sia stato dato così in anticipo rispetto elle effettive
dimissioni previste a settembre:
R. - Era
praticamente scontato da settimane che Olmert dovesse dare le dimissioni. In un Paese,
come Israele, che ha molto il senso dell’etica pubblica il primo ministro non sarebbe
più potuto restare al suo posto. Io credo che Olmert abbia compiuto un’operazione
politica: non si è dimesso, ma ha annunciato che non si ripresenterà alle primarie
del suo partito, "Kadima", previste per settembre. Quindi, sono dimissioni lievemente
traslate nel tempo. D. – A questo punto il suo ruolo sembrerebbe
essere quello del semplice disbrigo degli affari correnti. Però questa è una posizione
pericolosa per il dialogo con i palestinesi? R. – Io credo che
Olmert volesse, in qualche modo, fare anche una scelta di campo. Se si fosse dimesso
subito, sarebbe stato inevitabile nominare un nuovo leader di "Kadima", del suo partito,
e poi sperare che i laburisti fossero d’accordo. Il leader del partito in quel caso
avrebbe potuto essere, da subito, Tzipi Livni, ministro degli Affari Esteri. L’altro
personaggio, al quale Olmert in fondo ha fatto un favore, il generale Mofaz, capo
di stato maggiore è molto più duro, è un falco di "Kadima", contrario a qualsiasi
tipo di dialogo con Hamas, ma contrario anche ad un intensificarsi di quei colloqui
con l’Autorità nazionale palestinese e con il suo leader Abu Mazen, che dovrebbero
portare alla creazione di uno Stato palestinese entro la fine dell’anno. D.
- Tutto sommato, una successione a favore della Livni, per esempio, non sarebbe uno
stravolgimento della linea politica... R. – "Kadima" guida un
governo di coalizione assieme ai laburisti di Barak, se la Livni prendesse la guida
del partito, per esempio, bisognerebbe vedere come si comporterà il partito religioso
"Shaas". In quel caso, ma ci possono essere anche altre possibilità, può anche darsi
che i numeri vengano a mancare all’attuale coalizione e si debba andare alle elezioni,
che potrebbero tenersi verso febbraio-marzo dell’anno prossimo. D.
- Possiamo dire che l’unico elemento di certezza è che questa crisi politica interna
ad Israele complica, se è mai possibile, ancora di più la situazione mediorientale... R.
– Purtroppo sì. Se c’era una situazione di debolezza prima, oggi è una debolezza accresciuta.
Il quadro è molto più preoccupante.