2008-07-28 15:10:58

Le vacanze alternative dei giovani in missione nei Paesi poveri


Un’alternativa alle vacanze al mare o in montagna. Anche quest’anno la offrono le associazioni di solidarietà che aprono i loro progetti alla partecipazione di giovani che scelgono di mettersi a disposizione di attività missionarie o di sviluppo nei Paesi poveri. L’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII ha avviato campi estivi in diverse parti d’Europa denominati “Fuori le Mura”. Francesca Sabatinelli ha intervistato Marinella Baldassarri, responsabile generale del settore giovani, curatrice dei campi in Romania, e Cristina Petrella, impegnata nel campo albanese di Scutari. Quali le opportunità da questi campi estivi? Ascoltiamo la Baldassarri:RealAudioMP3

 
R. – L’opportunità di incontrarsi con i più poveri, con i più piccoli, perché la missione è annunciare la Buona novella lì dove i più piccoli invece non vengono raggiunti da questa buona notizia che il Signore è venuto ed è venuto per tutti.

 
D. - Le iniziative "Fuori le Mura" nascono nel 2000 con Roma e poi si sono successivamente ripetute in altri Paesi. Questi campi cosa prevedono nel concreto per i giovani?

 
R. - Conoscere la gente del luogo: in particolare in Romania incontreranno i bambini di un Paese incredibilmente povero, nella zona delle miniere. Una città quasi fantasma dove ci sono case enormi ma che sono vuote, scadenti. Molti palazzi non hanno più luce, acqua; per riscaldarsi i bambini vanno a prendere il carbone alle miniere. Per 15 giorni tentiamo di riportare il sorriso a questi bambini, cerchiamo di fargli capire che non sono maledetti ma che, anzi, sono i prediletti di nostro Signore. Li invitiamo a una nuova speranza. Si cerca di stare con loro perché la vita "fuori le mura" è essere con loro ai margini, quindi lontano dai posti di successo, e insieme però riportarli poi dentro le mura di una società, portarli ad una accettazione più piena.

 
D. – Chi sono questi ragazzi che decidono di affrontare nel periodo estivo questa avventura?

 
R. – Sono dei giovani che sanno che non possono bastare a se stessi, che sono alla ricerca della propria identità e la propria identità si incontra soltanto nel momento in cui davanti a un povero si ha il coraggio di fare la verità con se stessi e col povero. Nel povero c’è il Signore e lì ci si riscopre amati e nello stesso tempo capaci di amare.


D. - Cristina Petrella, ti occupi del campo albanese di Scutari: chi sono qui i dimenticati?

 
R. – Nelle nostre zone tendiamo ad andare da quelle famiglie che vengono giù dalle montagne in città in cerca di fortuna ma che spesso si ritrovano senza un lavoro e in condizioni veramente pietose, avendo venduto tutto quello che avevano. Noi andiamo a mettere la nostra vita insieme alla loro, sempre, durante tutto l’arco dell’anno. In estate diamo la possibilità, anche a giovani che hanno piacere di condividere e di conoscere, di poter fare animazione, di partecipare a iniziative insieme a loro, ai ragazzini in particolare, ai bambini.

 
D. – Un periodo di tempo così limitato ha lasciato un segno nei ragazzi che sono venuti negli anni precedenti?

 
R. – Posso dire proprio di sì. E’ veramente cambiato qualcosa nella vita di tutte le persone che sono passate da noi. Faccio un esempio. I ragazzi che sono andati via l’anno scorso sono rimasti molto impressionati: una sera li abbiamo portati a Tirana. Lì abbiamo una capanna di Betlemme dove alla sera si incontrano dei barboni; li si fa dormire lì, si mangia con loro... Quando sono tornati a casa, questi ragazzi hanno allestito nella loro parrocchia un posto per l’accoglienza di queste persone. Sono cose meravigliose che mi fanno dire: Cristina vai avanti!







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