Appello per salvare la vita ad un giornalista afghano, reo di aver difeso i diritti
delle donne
Sayed Parwez Kambakhsh, giovane giornalista afghano, studente dell'Università di Balhk,
rischia la pena di morte per aver sostenuto i diritti delle donne nel suo Paese. Arrestato
nell’ottobre del 2007 con l'accusa di oltraggio all'Islam, condannato a morte in primo
grado per empietà, ha ribadito alla Corte d'appello la sua innocenza, denunciando
di essere stato torturato per confessare. Da qui la mobilitazione internazionale per
salvare la vita del 24enne afghano e l’appello della deputata italiana, Souad Sbai,
giornalista di origine marocchina, rilanciato ieri dall’associazione per la libertà
di stampa ISF (Information, Safety and Freedom). Il caso del giovane Sayed svela come
le donne in Afghanistan - nonostante siano tutelate dalla nuova Costituzione varata
nel 2004 – vivano tutt’ora in un clima diffuso di paura e di intimidazione. “Molte
di loro cominciano – rileva la deputata Souad Sbai - a discutere di matrimoni forzati,
lapidazioni e stupri compiuti durante il regime talebano e alcune associazioni di
diritti umani hanno iniziato a documentare le atrocità”, ma “il dilagare dell'impunità”
“sta alimentando un clima di sfiducia tra la popolazione, mentre il sistema giudiziario
appare sempre più condizionato da forze conservatrici e fondamentaliste”. Se a partire
dal 2002 hanno aperto nel Paese nuovi quotidiani, siti internet ed emittenti radiotelevisive,
i reporter afghani hanno dovuto fronteggiare le minacce per le critiche mosse ai leader
del nuovo Governo, ai ‘signori della guerra’ e ai rappresentanti religiosi. Ad oggi
i Talebani controllano ancora alcuni territori a Sud e nel 2007 hanno organizzato
circa 140 attacchi suicidi. Da ricordare che durante la loro dittatura, alle donne
era proibito il lavoro, negata l’istruzione ed imposto il burqa. L’Afghanistan, ad
oggi tra i Paesi più poveri al mondo, resta il primo produttore di papaveri da oppio.
E' pur vero che dalla fine del regime talebano l'Afghanistan ha registrato cambiamenti
rilevanti in campo scolastico e nelle infrastrutture: sei milioni di bambini sono
andati a scuola per la prima volta e chilometri di strade sono stati costruiti. Ma
circa tre quarti della popolazione è ancora analfabeta e la capitale dispone di energia
elettrica solo per alcune ore al giorno. In questo scenario dove l'inflazione, la
disoccupazione e la corruzione rappresentano le questioni più urgenti da affrontare
per il Governo di Kabul, la condizione della donna resta immutata, laddove non è peggiorata,
denunciano le organizzazioni umanitarie. “L'Italia non può restare a guardare” – sottolinea
la deputata Souad Sbai – “sulla base delle responsabilità che esercita per il ritorno
alla democrazia in Afghanistan, può scongiurare attraverso un'azione diplomatica la
pena di morte richiesta per il giovane Sayed, reo di combattere per la difesa dei
diritti umani e per l'emancipazione delle donne”. (A cura di Roberta Gisotti)