Intervento del presidente dell'AMCI di Ferrara sul caso di Eluana Englaro
Ci sono tanti fraintendimenti nella vicenda che vede coinvolta Eluana Englaro, la
giovane da 16 anni in stato vegetativo in seguito ad un incidente stradale. Alcuni
sono di ordine tecnico-medico, altri di natura squisitamente bioetica. E’ quindi decisivo
provare a fare chiarezza per avere elementi oggettivi e razionali sui quali poi provare
ad esprimere un giudizio sui fatti, astenendosi dal giudicare le persone. E’ quanto
sostiene Chiara Mantovani, presidente dell'Associazione medici cattolici italiani
(AMCI) della sezione di Ferrara, commentando la recente decisione della Corte di appello
di Milano di autorizzare il padre di Eluana a sospendere il trattamento di alimentazione
ed idratazione della figlia. I fatti sono che “si reputa opportuno – spiega Chiara
Mantovani – togliere i supporti naturalmente vitali”. “Non è la sua malattia a richiedere
idratazione e nutrimento: acqua e cibo – aggiunge - sono elementi indispensabili alla
vita di ogni vivente”. È solo la modalità di assunzione che per lei è differente da
quella ordinaria: un sondino direttamente nello stomaco – precisa - non può essere
considerato un presidio eccezionale, sproporzionato all’effetto desiderato o gestibile
solo da competenze specialistiche. “Non è straordinario né per costo, né per impegno
strumentale, né per disagio del soggetto cui si somministra”. Eluana – prosegue Chiara
Mantovani - è “icona di una sofferenza molto più comune della sua stessa patologia,
quella sofferenza che è banco di prova della condizione umana: la dimensione della
dipendenza, la frustrazione di dipendere dagli altri”. Se da piccoli questa dipendenza
– sottolinea il presidente dell'AMCI di Ferrara le cui parole sono state riprese dall’agenzia
Zenit - non è pesante da sopportare, anzi, è la condizione naturale, da adulti, dopo
aver faticosamente raggiunto il traguardo della maturità, sembra disumano esservi
ancora costretti. Per Eluana e per altri che come lei da soli non ce la fanno – conclude
- qualcuno pensa “che la morte sia meglio della vita, ma non è il diritto di scelta
sulla vita la misura alta di una civiltà: è, piuttosto, il coraggio di farsi carico
di ogni dolore, di assumersi la responsabilità degli altri”. “Se poi la fede cristiana
illumina meglio il cammino, non si dica che è ingerenza: si ammetta che è una ragione
in più, non una menomazione del giudizio”. (A.L.)