Il Papa contro la "vergogna" degli abusi sessuali compiuti da alcuni sacerdoti in
Australia: sono addolorato per le sofferenze delle vittime. L'invito ai seminaristi:
date tutto a Dio e al prossimo
Una condanna dura e senza appello per la pedofilia che si annida nel clero, “vergogna”
della Chiesa. E un nuovo invito a non ridurre Dio a una “devozione personale” lontana
dalla sfera pubblica: tentazione dalla quale non sono immuni nemmeno i sacerdoti e
i consacrati. Il sabato di Sydney è cominciato così per Benedetto XVI: con una Messa
concelebrata in Cattedrale assieme al clero australiano - ma soprattutto con il futuro
di questa Chiesa, i seminaristi, i novizi e le novizie - e con un nuovo atto di solidarietà
del Papa verso le vittime degli abusi sessuali commessi da sacerdoti nel Paese. La
cronaca della celebrazione nel servizio di Alessandro De Carolis: "Indeed,
I am deeply sorry for the pain and suffering… Davvero, sono profondamente
dispiaciuto per il dolore e la sofferenza sopportate dalle vittime e assicuro loro,
che come loro Pastore, condivido la loro sofferenza". C’è
commozione nelle parole del Papa quando, aprendo una parentesi in un’omelia tutta
dedicata al dover essere di un’anima che si dona a Dio, il discorso scivola per un
non evitabile contrasto sulla più abietta delle derive che un consacrato possa imboccare:
quella della violenza sessuale sui più innocenti, i bambini. E quella commozione -
un sussulto spontaneo, non previsto dal discorso ufficiale - nei riguardi di chi ha
subito la violenza in prima persona o per immediato riflesso - i genitori - diventa
indignazione poco prima e poco dopo, senza sconti, quando Benedetto XVI usa termini
come “vergogna”, “misfatti”, “giustizia”: “Here I would like
to pause to acknowledge the shame… Desidero qui fare una pausa per
riconoscere la vergogna che tutti abbiamo sentito a seguito degli abusi sessuali sui
minori da parte di alcuni sacerdoti o religiosi in questa Nazione (...) Questi misfatti,
che costituiscono un così grave tradimento della fiducia, devono essere condannati
in modo inequivocabile. Essi hanno causato grande dolore ed hanno danneggiato la testimonianza
della Chiesa. Chiedo a tutti voi di sostenere e assistere i vostri Vescovi e di collaborare
con loro per combattere questo male. Le vittime devono ricevere compassione e cura
e i responsabili di questi mali devono essere portati davanti alla giustizia". (canto) Davanti
ai 65 vescovi presenti nella Cattedrale di Sydney, davanti ai novizi e alle novizie
degli istituti religiosi, davanti a seminaristi australiani, Benedetto XVI aveva cominciato
la celebrazione con il rito di dedicazione del nuovo altare. Nell’odierna liturgia,
ha osservato, “la Chiesa ci rammenta che, come questo altare, anche noi siamo stati
consacrati, messi ‘a parte’ per il servizio di Dio e l’edificazione del suo Regno”: “All
too often, however, we find ourselves immersed in a world… Troppo
spesso, tuttavia, ci ritroviamo immersi in un mondo che vorrebbe mettere Dio ‘da parte’.
Nel nome della libertà ed autonomia umane, il nome di Dio viene oltrepassato in silenzio,
la religione è ridotta a devozione personale e la fede viene scansata nella pubblica
piazza. Talvolta una simile mentalità, così totalmente opposta all’essenza del Vangelo,
può persino offuscare la nostra stessa comprensione della Chiesa e della sua missione”.
Anche noi, ha insistito il Papa con realismo, “possiamo
essere tentati di ridurre la vita di fede ad una questione di semplice sentimento,
indebolendo così il suo potere di ispirare una visione coerente del mondo ed un dialogo
rigoroso con le molte altre visioni che gareggiano per conquistarsi le menti e i cuori
dei nostri contemporanei”. Ma la storia, inclusa quella del nostro tempo - ha proseguito
Benedetto XVI - “ci dimostra che la questione di Dio non può mai essere messa a tacere,
come pure che l’indifferenza alla dimensione religiosa dell’esistenza umana in ultima
analisi diminuisce e tradisce l’uomo stesso”. Laddove “l’uomo viene sminuito, è il
mondo che ci attornia ad essere sminuito”. Viceversa, ha affermato, è solo in Gesù,
Parola incarnata, che “giungiamo a comprendere la grandezza della nostra stessa umanità”. Benedetto
XVI ha raccomandato, specialmente ai seminaristi, alle novizie e ai novizi, di vivere
la disciplina che esige la propria formazione “con sincerità e in maniera profonda”,
mettendo al centro della vita di ogni giorno la celebrazione dell’Eucaristia: “Never
forget that celibacy for the sake of the Kingdom means… Non dimenticate
mai che la castità per il Regno significa abbracciare una vita dedicata completamente
all’amore, un amore che vi rende capaci di dedicare voi stessi senza riserve al servizio
di Dio per essere pienamente presenti ai fratelli e alle sorelle, specialmente a quanti
sono nel bisogno. I tesori più grandi che condividete con altri giovani – il vostro
idealismo, la generosità, il tempo e le energie – sono questi i veri sacrifici che
deponete sull’altare del Signore. Possiate sempre tenere in gran conto questo stupendo
carisma che Dio vi ha dato per la sua gloria e per l’edificazione della Chiesa!”. (canto)