Appello della mamma di un uomo in coma da 13 anni al papà di Eluana Englaro
Domani i sacerdoti delle parrocchie di Roma inviteranno durante la Santa Messa i fedeli
ad “invocare il Signore perchè illumini le coscienze sul valore intangibile di ogni
vita umana”. Nelle intenzioni di preghiera, proposte dall’Ufficio Liturgico della
diocesi, si inviterà a ricordare, soprattutto, la vita nelle situazioni estreme di
sofferenza e di dolore, come nel caso di Eluana Englaro, da 16 anni in stato vegetativo.
Un nuovo e accorato appello si aggiunge, intanto, a quelli lanciati in questi giorni
in difesa della vita di Eluana dopo la recente sentenza della Corte di appello di
Milano che ha autorizzato il padre della giovane all’interruzione del trattamento
di alimentazione: è quello della signora Mariella Meneghetti, madre di Luca
Taverna, in coma da 13 anni in seguito ad un incidente stradale. Ascoltiamo, al microfono
di Amedeo Lomonaco, l’appello rivolto dalla mamma di Luca al papà di Eluana:
R. –
Non faccio critiche nei suoi confronti, mi sento però di dirgli che non si può sospendere
la vita di una persona. Ci vogliono sempre speranza e fede, anche se a volte la speranza
non c’è. L’appello che voglio fare, rispettando il suo pensiero, rispettando la volontà
della figlia, anche se la figlia effettivamente diceva che non voleva rimanere in
quelle condizioni, è di non sospendere la vita di Eluana. E’ vero che ci sono persone
che non hanno una vita serena, né loro, né i loro familiari, però non si può togliere
la vita donata da Dio.
D. – Dopo questo suo appello,
ci uniamo a lei, aggiungendo che non si può prescindere da una profonda comprensione
per il dolore di un papà che vede sua figlia in uno stato vegetativo da 16 anni. Io
le chiedo, anche alla luce dell’esperienza di Luca, se si può scorgere anche in una
situazione così drammatica la forza della vita e dell’amore, una forza che può far
andare avanti…
R. – Sì, io lotto per lui. Anche lui
sta lottando per la vita perchè ha avuto tanti problemi, tante cose gravi; però, grazie
a Dio, si è sempre ripreso. Non riesce né a muoversi né a comunicare. A volte, comunica
sorridendo; quando mi sente sorride e per me è già tanto. Dopo 13 anni vedo che mi
sorride ed una piccola speranza ce l’ho sempre. Non ho la speranza che torni com’era
prima, ma almeno che mi riconosca. Per me è già tanto averlo ancora con me. Sto lottando
perchè mio figlio viva, non per farlo morire.
D.
– Quindi, suo figlio Luca, quando la vede, si emoziona, sorride… Come gli racconta
il mondo che oggi lui non può vedere?
R. – Io gli
racconto tutto, quello che sta succedendo intorno a lui, dei nipotini che non ha conosciuto.
Lui non vede, non può muoversi, però sentendo la mia voce sorride. Magari non capirà
tutto quello che gli dico, però penso che mi riesca a sentire.
D.
– E’ difficile capire come una persona possa avere il diritto di decidere di far morire
chi non può rispondere. Perchè, secondo lei, l’eutanasia è una strada che non deve
essere mai percorsa?
R. – Il mio pensiero è che non
si può togliere la vita a una persona. La vita non è nostra: Dio ce la dona e non
possiamo noi decidere di interromperla. Anche se ci sono situazioni gravi, un filo
di speranza ci deve essere sempre.
D. – In storie
drammatiche, come quelle di suo figlio Luca, si intrecciano dolore e amore. Come rendere
l’amore più forte di qualsiasi dolore e come far vincere la vita?
R.
– L’amore per un figlio è grandissimo: anche se c’è del dolore nelle situazioni come
la mia, c'è anche la volontà di fare qualcosa, di aiutarlo. Anche se è impossibile
in questo caso, però c'è la voglia di aiutarlo, standogli vicino e amandolo, di volergli
un bene al di sopra di tutto: penso più a lui che a me stessa, quello che faccio,
lo faccio per lui. Ho altri figli: loro sono sani, hanno le loro famiglie, il loro
lavoro. Luca invece non ha niente, ci sono solo io: per lui nutro un amore diverso.