Incontro del Santo Padre con un gruppo di giovani disadattati della Comunità di recupero
dell'Università di Notre Dame di Sydney
Il Papa ha concluso la giornata di venerdì 18 luglio incontrando un gruppo di giovani
disadattati della Comunità di recupero dell’Università di Notre Dame di Sydney, nella
chiesa del Sacro Cuore della città. Offriamo di seguito i brani principali del
discorso che ha rivolto loro:
Cari giovani amici, con piacere mi trovo
oggi con voi qui a Darlinghurst, e di cuore rivolgo il mio saluto a tutti coloro che
partecipano al programma “Alive”, come pure al personale che lo gestisce. Elevo la
mia preghiera affinché possiate tutti beneficiare del sostegno che la Social Services
Agency dell’Arcidiocesi di Sydney mette a disposizione, e affinché il bene che qui
si compie continui a lungo nel futuro. Il nome del programma che seguite ci induce
a formulare la domanda: che cosa vuole realmente dire essere “vivo”, vivere appieno
la vita? È questo ciò che tutti vogliamo, specialmente in gioventù, ed è questo che
Cristo vuole per noi. Infatti, egli ha detto: “Sono venuto perché abbiano la vita
e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). L’istinto più radicato di ogni essere vivente
è di rimanere in vita, di crescere, di svilupparsi e di trasmettere ad altri il dono
della vita. Ne segue che è quanto mai naturale interrogarsi come sia meglio realizzare
tutto questo. (…)
Potreste pensare che sia improbabile che nel mondo di
oggi la gente adori altri dei. Ma a volte la gente adora “altri dei” senza rendersene
conto. I falsi “dei”, qualunque sia il nome, l’immagine o la forma che loro attribuiamo,
sono quasi sempre collegati all’adorazione di tre realtà: i beni materiali, l’amore
possessivo, il potere. Lasciate che spieghi ciò che intendo dire.
I beni materiali,
in sé, sono cose buone. Non sopravviveremmo a lungo senza denaro, abiti e un’abitazione.
Per vivere abbiamo bisogno di cibo. Ma, se siamo ingordi, se rifiutiamo di condividere
quanto abbiamo con l’affamato e con il povero, allora noi trasformiamo questi beni
in una falsa divinità. Quante voci, nella nostra società materialistica, ci dicono
che la felicità si trova procurandosi il maggior numero possibile di beni e di oggetti
di lusso! Ma questo significa trasformare i beni in false divinità. Invece di portare
la vita, portano la morte.
L’amore autentico è certamente qualcosa di buono.
Senza di esso, la vita difficilmente sarebbe degna di essere vissuta. L’amore porta
a compimento il nostro bisogno più profondo; e quando amiamo, noi diventiamo più pienamente
noi stessi, diventiamo più pienamente umani. Ma quanto facilmente l’amore può essere
trasformato in una falsa divinità! La gente sovente pensa di amare quando in realtà
tende a possedere l’altro o a manipolare l’altro. La gente a volte tratta gli altri
come oggetti per soddisfare i propri bisogni piuttosto che come persone da apprezzare
e amare. (…) Questo è adorare una falsa divinità. Invece di portare la vita, porta
la morte.
Il potere che Dio ci ha dato di plasmare il mondo intorno a noi è
certamente qualcosa di buono. Utilizzato in modo appropriato e responsabile, ci permette
di trasformare la vita della gente. Tutte le comunità hanno bisogno di guide capaci.
Ma quanto forte è la tentazione di attaccarsi al potere per se stesso, di cercare
di dominare gli altri o di sfruttare l’ambiente naturale per i propri egoistici interessi!
Questo è trasformare il potere in una falsa divinità. Invece di portare la vita, porta
la morte.
Il culto dei beni materiali, il culto dell’amore possessivo e il
culto del potere spesso portano la gente a “comportarsi da Dio”: cercare di assumere
il controllo totale, senza prestare nessuna attenzione alla sapienza o ai comandamenti
che Dio ci ha fatto conoscere. Questa è la via che conduce alla morte. Al contrario,
l’adorazione dell’unico vero Dio vuol dire riconoscere in lui la sorgente di tutto
ciò che è bene, affidare noi stessi a lui, aprirci alla forza risanatrice della sua
grazia e obbedire ai suoi comandamenti: questa è la via per scegliere la vita.
Un
luminoso esempio di che cosa vuol dire allontanarsi dalla via della morte per incamminarsi
sulla via della vita lo troviamo in una pagina del Vangelo che, ne sono sicuro, tutti
voi conoscete bene: la parabola del figliol prodigo. (…)
Molti di voi hanno
sperimentato personalmente la vicenda attraverso la quale passò quel giovane. Forse
avete compiuto scelte delle quali ora vi rammaricate, scelte che vi hanno portato
lungo una via che, per quanto potesse al momento apparire attraente, vi ha soltanto
condotto a un ancor più profondo stato di miseria e di abbandono. La scelta di abusare
di droghe o alcool, di entrare in attività criminali o autolesioniste poté allora
apparire come una via di uscita da una situazione di difficoltà o di confusione. Voi
adesso sapete che, invece di portare la vita, ha portato la morte. Prendo atto volentieri
del coraggio dimostrato nello scegliere di ritornare sulla via della vita, proprio
come il giovane della parabola. Avete accettato l’aiuto: dagli amici o dai familiari,
dal personale del programma “Alive”, da quanti hanno grandemente a cuore il vostro
benessere e la vostra felicità.
Cari amici, vedo in voi degli ambasciatori
di speranza per quanti si trovano in situazioni simili. Voi potete convincerli della
necessità di scegliere la via della vita e di rifuggire dalla via della morte, perché
parlate in base all’esperienza. In tutti i Vangeli, sono coloro che hanno operato
scelte sbagliate ad essere particolarmente amati da Gesù, perché, quando si sono resi
conto del loro errore, si sono aperti più degli altri alla sua parola risanatrice.
(…) Erano coloro che desideravano ricostruire la loro vita che si dimostravano
i più disponibili a dare ascolto a Gesù e a diventare suoi discepoli. Voi potete seguire
le loro orme; anche voi potete avvicinarvi particolarmente a Gesù proprio perché avete
scelto di ritornare a lui. Potete essere certi che, proprio come il Padre del racconto
del figliol prodigo, Gesù vi accoglie a braccia spalancate. Vi offre il suo amore
incondizionato: ed è nella profonda amicizia con lui che si trova la pienezza della
vita.
Ho detto prima che quando amiamo, noi portiamo a compimento i nostri
bisogni più profondi e diventiamo più pienamente noi stessi, diventiamo più pienamente
umani. Amare è ciò per cui siamo programmati, ciò per cui siamo stati progettati dal
Creatore. Naturalmente, non parlo di passeggere, superficiali relazioni; parlo del
vero amore, del cuore dell’insegnamento morale di Gesù: “Amerai dunque il Signore
Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza” e
“Amerai il prossimo tuo come te stesso” (cfr. Mc 12, 30-31). (…) Questo è quanto gli
uomini sono chiamati a fare, è ciò che vuol dire essere realmente “vivo”. (…) Con
la forza dello Spirito Santo, scegliete la vita e scegliete l’amore, e siate testimoni
davanti al mondo della gioia che ne scaturisce. Questa è la mia preghiera per ciascuno
di voi in questa Giornata Mondiale della Gioventù. Dio vi benedica tutti.
La
versione integrale del discorso del Santo Padre verrà pubblicata sul sito Internet
della Santa Sede www.vatican.va e sull'Osservatore Romano.