Lo spettro della crisi economica nel mondo: l'analisi di Quadrio Curzio
Avvio in lieve rialzo oggi per le Borse europee dopo la perdita di 2-3 punti percentuali.
E si registra stamane anche un calo del prezzo del petrolio dopo il nuovo record di
ieri di 146,55 dollari al barile, parallelo al record dell’euro cambiato con il dollaro
a ben oltre l’1,60. Ma c’è anche il dato dell’inflazione nella zona euro che a giugno
si è attestato al 4%, il livello più alto da quando è nata la moneta unica europea.
E negli Stati Uniti dopo i crac finanziari e la crisi dei mutui, si fanno paralleli
con il crollo di Wall Street del 1929. Nell’intervista di Fausta Speranza,
l’economista Alberto Quadrio Curzio dopo aver sottolineato che la crisi che
investe tutti i Paesi occidentali è partita dagli Stati Uniti, analizza i motivi di
fondo:
R. – Da un
lato, un Paese non può vivere solo attraverso un indebitamento per finanziare i propri
consumi, con risparmi ormai bassissimi e con una bilancia commerciale molto deficitaria.
E d’altro canto, il mondo ha accettato troppo acriticamente tutti i prodotti finanziari
che gli Stati Uniti hanno fatto circolare per i mercati, senza valutare il grado di
rischio di questi prodotti. Le autorità di vigilanza, negli Stati Uniti e fuori dagli
Stati Uniti, hanno dunque mancato ai loro compiti. La crisi è grave, ma non credo
sarà una crisi devastante, perchè le banche centrali sono comunque intervenute immettendo
molta liquidità nel sistema e perché ci sono Paesi, tra cui l’Europa, molto forti.
È tuttavia importante che da questa crisi non escano rafforzati speculatori o fondi
sovrani - così vengono chiamati oggi - che non hanno trasparenza sufficiente per essere
considerati adeguati a delle democrazie di mercato. D. – Professore,
il crac dei mutui negli Stati Uniti, ma anche prima in Gran Bretagna il crac della
banca Northern Rock e l’interventismo statale: è qualcosa che segna un non ritorno? R.
– Questo interventismo era a questo punto necessaria conseguenza di forme di liberismo
libertario, che ben poco hanno a che fare con il mercato, che può e funziona bene
quando è un mercato regolato, quando è un mercato dove i rischi sono controllati e
non quando è un mercato dove si scambia carta contro carta, che non ha valore. Ma
certamente non ritorneremo più alla precedente stagione del liberismo libertario che
– ripeto – nulla ha a che fare con il mercato. Spero, dunque, che la lezione serva,
per essere più attenti in futuro e per non ricascarci. D. –
Professor Alberto Quadrio Curzio, scusi il linguaggio banale giornalistico, ma l’avanzata
economica di Cina e India sarà favorita e non danneggiata da questa crisi negli Stati
Uniti e in Europa? R. – È uno dei quesiti fondamentali. Soprattutto,
la Cina è un Paese fortemente esportatore con un surplus enorme di bilancia commerciale,
e continuerà ad essere un Paese esportatore, che potrebbe anche trarre da queste vicende
alcuni vantaggi. Ha già fatto acquisti considerevoli nei Paesi sviluppati e potrebbe
continuare acquistando azioni di società e di banche, oggi duramente colpite, ma ancora
valide. La situazione dell’India è diversa, perchè l’India non è un Paese fortemente
esportatore: la sua bilancia commerciale è in deficit, ma è anche vero che la crescita
indiana è più equilibrata. D. – Per i Paesi in via di sviluppo,
quali ripercussioni da questa crisi generale? R. – Ripercussioni
gravissime, soprattutto per quei Paesi che non hanno materie prime o che non sanno
estrarre le materie prime e che non hanno risorse petrolifere. La spaventosa dinamica
nei prezzi dei prodotti alimentari ha un’incidenza sulla sussistenza di queste popolazioni. D.
– Professore, in definitiva, di fronte ad un’economia che non va affatto bene, guardando
ai Paesi occidentali, quali strade prendere? Se si trattasse di un bilancio familiare,
con un po’ di buon senso proporremmo un po’ di austerità, uno stile di vita diverso... R.
– La parsimonia quando è finalizzata ad investire, investire nella formazione, nella
educazione, investire nelle infrastrutture, investire nelle imprese, è un valore,
non solo di comportamento, ma anche un valore economico. D.
– È possibile? R. – Credo che i modelli economici possano e
debbano essere diversi. L’Europa può essere improntata a quello che io chiamo il liberalismo
sociale, e cioè libertà e responsabilità, ma anche apertura al sociale e attenzione
a quella solidarietà, senza la quale è difficile che una coesistenza possa essere
durevole nel tempo. Il liberismo libertario, in cui è solo l’individuo che conta -
individuo che vuole massimizzare sempre qualcosa - non credo possa essere una buona
indicazione modellistica o paradigmatica per Paesi che in qualche modo devono anche
essere portatori di una civiltà.