La Chiesa celebra la memoria di San Bonaventura, mistico dell'amore di Dio
La Chiesa ricorda oggi San Bonaventura, frate minore francescano vissuto nel XIII
secolo, maestro di teologia, per 17 anni generale del suo ordine, poi creato cardinale
e consacrato vescovo di Albano Laziale. Autore di diverse opere, scrisse anche la
“Legenda maior”, definita la biografia ufficiale di San Francesco. Ebbe diversi incarichi
pontifici, viaggiò molto e conservò sempre uno spirito semplice, dando saggio di sapienza,
prudenza e spiccato equilibrio. Il servizio di Tiziana Campisi:
(Canto)
Amore
e carità: negli insegnamenti di San Bonaventura si impara che “non basta la speculazione
senza la devozione … l’intelligenza senza l’umiltà; lo studio senza la grazia”. Lo
si apprende anche dal buon senso, pratico e speculativo, che ha caratterizzato la
personalità del frate minore francescano, quello con il quale dispensava parole tranquillizzanti
e incoraggianti. Come a frate Egidio, quando questi gli chiese come avrebbe potuto
salvarsi lui, privo di ogni scienza teologica: “Se Dio dà all’uomo soltanto la grazia
di poterlo amare – rispose Bonaventura – questo basta … Una vecchierella può amare
Dio anche più di un maestro di teologia”. “Cristo è la via e la porta” scrive nell’“Itinerario
della mente in Dio”, lì dove spiega che fissando lo sguardo su Cristo crocifisso l’uomo
affronta il passaggio, fa Pasqua con Gesù, riposa con lui “nella tomba come morto
esteriormente, ma sente, tuttavia … ciò che in croce fu detto al buon ladrone, tanto
vicino a Cristo con l’amore: ‘Oggi sarai con me nel paradiso’. “Ma perché questo passaggio
sia perfetto – prosegue San Bonaventura – è necessario che, sospesa l’attività intellettuale,
ogni affetto del cuore sia integralmente trasformato e trasferito in Dio”; fatto mistico
e straordinario. “Se … vuoi sapere come avvenga tutto ciò, interroga la grazia, non
la scienza – aggiunge il santo francescano – il desiderio non l’intelletto, il sospiro
della preghiera non la brama del leggere … non la luce ma il fuoco che infiamma tutto
l’essere e lo inabissa in Dio con la sua soavissima unzione e con gli affetti più
ardenti”. Nel corso della sua esistenza San Bonaventura ha difeso e
riproposto la tradizione patristica, in particolare il pensiero e l'impostazione di
Sant'Agostino; ha combattuto l'aristotelismo, acquisendone però alcuni concetti, ed
ha valorizzato tesi della filosofia arabo-ebraica. Per il noto teologo, che
riconobbe in Cristo “la bellezza di ogni bellezza”, la filosofia serve a dare aiuto
alla ricerca umana di Dio, e può farlo, come diceva il vescovo di Ippona, solo riportando
l'uomo alla propria dimensione interiore (cioè l'anima), e, attraverso questa, ricondurlo
infine a Dio. “Nessuno può giungere alla beatitudine se non trascende sé stesso, non
con il corpo, ma con lo spirito – si legge nell’“Itinerario della mente in Dio” -
ma non possiamo elevarci da noi se non attraverso una virtù superiore. Qualunque siano
le disposizioni interiori, queste non hanno alcun potere senza l'aiuto della Grazia
divina. Ma questa è concessa solo a coloro che la chiedono (...) con fervida preghiera”.