La questione dell'ordinazione delle donne vescovo nella Comunione anglicana. Intervista
del reverendo David Richardson
Lunedì scorso, l’organo di governo della Chiesa d’Inghilterra ha compiuto un ulteriore
passo che apre a una futura ordinazione episcopale delle donne. Il voto ha suggellato
sei ore di acceso dibattito durante la riunione del Sinodo generale svoltasi nella
città di York, nel nord dell’Inghilterra. La decisione della Comunione anglicana è
stata definita ieri, in una nota del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani,
come uno "strappo" alla tradizione e un "ostacolo" sulla via della riconciliazione.
Su questo orientamento, Philippa Hitchen, della nostra redazione inglese, ha
chiesto un parere al reverendoDavid Richardson, direttore del Centro
anglicano di Roma: R.
- Clearly it is significant but what it’s doing is responding to a report ... Ovviamente,
è importante, ma sostanzialmente risponde ad un rapporto su cosa avverrebbe se ci
fossero donne-vescovo. Il voto nel Sinodo di lunedì non rappresenta ancora una nuova
norma, non è qualcosa che crea donne-vescovo da un giorno all’altro: siamo ancora
molto lontani. Però, dal punto di vista della risonanza sulla stampa mondiale, questo
è una sorta di momento cruciale. Infatti è stato deciso che non sarà istituita la
figura di un “supervisore alternativo” per tutti coloro che, secondo coscienza, non
possono accettare l’idea di avere una donna-vescovo: figura che rischia di creare
una seconda Chiesa nella Chiesa. Invece, il Sinodo ha stabilito che, nel momento in
cui la norma introdurrà l’ordinazione episcopale della donna, ci saranno solo linee-guida
per la strada da seguire.
D. – Sono ormai oltre dieci
anni che in Inghilterra ci sono sacerdoti-donna e in altre parti del mondo la Comunità
anglicana ha già donne-vescovo. In Gran Bretagna, la resistenza che c'è a questo concetto
riguarda una piccola minoranza o un numero molto ampio di fedeli?
R.
– That’s hard to me to answer, because I haven’t worked in the Church of England ... Mi
riesce difficile rispondere a questa domanda, perché io non ho lavorato poi molto
nella Chiesa d’Inghilterra. La mia sensazione però è che se pure si tratta di una
minoranza, è una "grande" minoranza, certamente molto rappresentativa e certamente
molto appassionata. Una minoranza che non è diminuita in questi anni nei quali si
è già proceduto a ordinazioni sacerdotali femminili. Detto questo, sono sicuro che
oggi ci siano persone, molte persone, in Inghilterra che avrebbero votato contro il
ministero ordinato alle donne ma che, dopo aver lavorato con loro, hanno cambiato
opinione. Ora, come ho detto, la decisione non è ancora presa: ciò che è accaduto
è che è stato deciso di procedere in tal senso con un dibattito che probabilmente
durerà per i prossimi due-tre anni.
D. - Come è noto,
la Santa Sede ha risposto affermando che questo sarebbe un ulteriore ostacolo alla
riconciliazione tra Chiesa cattolica e la Chiesa d’Inghilterra. Lei cosa ne pensa?
Quanto peso può avere, a livello ecumenico, una decisione del genere?
R.
- It is certainly an obstacle but it is an obstacle that really has to be addressed:
… Sicuramente è un ostacolo, ma è un ostacolo, in realtà, che deve essere
affrontato. La Comunione anglicana ha lavorato in due direzioni: sul fronte ecumenico,
ha lavorato molto intensamente con la Chiesa cattolica romana - nelle Dichiarazioni
ARCIC si ritrovano punti di accordo su diverse affermazioni teologiche. D’altro canto,
all’interno della Comunione anglicana in tutto il mondo, da molto tempo ormai ci sono
forti pressioni per l’ordinazione sacerdotale e poi episcopale delle donne. E’ importante
ora che la Chiesa anglicana affronti la realtà nella direzione che sta prendendo la
sua teologia, piuttosto che affrontare dialoghi ecumenici che non riflettono realmente
le intenzioni della Chiesa.
D. - Questo argomento
sarà trattato anche alla prossima Conferenza di Lambeth?
R.
- Not for debate; I’ve no doubt inevitably it will play a part in the discussions
of … Non credo sarà discusso. Penso sia inevitabile che l’argomento venga
trattato nella Conferenza, ma non penso sarà argomento di discussione. Il punto è
che una Chiesa nazionale, e cioè la Chiesa d’Inghilterra, decide di rivedere la propria
normativa che poi sarà dibattuta e poi dovrà essere presentata nelle diocesi. La Chiesa
d’Inghilterra sta facendo, in sostanza, quello che altre componenti della Comunione
anglicana hanno già fatto negli anni passati.