Ripresi i collegamenti aerei tra Cina e Taiwan sospesi dal 1949
Con uno storico volo commerciale tra Cina e Taiwan, nei giorni scorsi è stata data
concreta applicazione all’accordo del 13 giugno scorso che ha ripristinato i collegamenti,
sospesi dal 1949, tra l’isola - considerata da Pechino una provincia ribelle - e la
Repubblica Popolare. Quale significato dare dunque a questo evento? Giancarlo La
Vella lo ha chiesto a Stefano Vecchia, esperto di Estremo Oriente:
R. – Questo
volo rappresenta un momento importante, perché è un simbolo di apertura nei rapporti
fra le cosiddette “due Cine”, dopo 60 anni di blocco nei contatti diretti. Teniamo
presente però anche l’aspetto pratico che è quello di un’intensificazione necessaria
degli spostamenti tra Taiwan e la Repubblica popolare cinese: i taiwanesi in Cina
hanno investito massicciamente e hanno creato strutture industriali e commerciali
di primo ordine. Negli ultimi 15 anni Taiwan ha impegnato ben 100 miliardi di dollari
sulla madre terra cinese. Nello stesso tempo, è indispensabile per la Cina, che ha
bisogno di capitali e dell’esperienza imprenditoriale taiwanese.
D.
– Quest’evento può avere dei risvolti anche politici?
R.
– Indubbiamente: i colloqui di giugno e i successivi incontri tra la delegazione cinese
e taiwanese aprono necessariamente la via a un’integrazione fra i due Paesi, che non
sarà solo economica, ma anche politica, probabilmente sul modello di “un Paese e due
sistemi”. Si può pensare a quanto già avvenuto per Hong Kong e per Macao, i due ex
protettorati britannico e portoghese in territorio cinese.
D.
– Questa fase può essere emblema della nuova Cina e del nuovo Taiwan?
R.
– Sicuramente è un esempio di che cosa può essere la nuova Cina, che necessariamente
dovrà essere un Paese unitario, quanto meno negli intenti. Una Cina che ha messo da
parte l’ideologia e che guarda soltanto al concreto e alle necessità di uno Stato
unito e forte, di fronte al consesso internazionale.