Chiude a Trevi la Settimana di aggiornamento pastorale sui temi della Sacra Scrittura
nella comunità cristiana. Intervista con mons. Domenico Sigalini
Si conclude oggi a Trevi, in Umbria, la 58.ma Settimana nazionale di aggiornamento
pastorale sul tema “Bibbia e vita della comunità cristiana”. Dopo la pubblicazione
della nuova traduzione della Bibbia della CEI, e in vista del Sinodo dei Vescovi sulla
Parola di Dio del prossimo ottobre, il Centro di Orientamento pastorale ha organizzato
la quattro giorni di lavori per aiutare le comunità cristiane a elaborare esperienze
e percorsi formativi in relazione alla Sacra Scrittura. Al microfono di Marco Guerra,mons. Domenico Sigalini, assistente ecclesiastico dell’Azione cattolica italiana,
traccia un bilancio dell’iniziativa di Trevi collegandola proprio al prossimo Sinodo
dei vescovi:
R. - Il nostro
obiettivo è quello di preparare le comunità cristiane a vivere gli eventi fondamentali
della Chiesa. Il Sinodo è un evento che metterà al centro la Parola di Dio. A noi
che seguiamo la vita delle diocesi, la vita delle parrocchie, sembrava assolutamente
necessario creare una sintonia, preparare e suggerire anche alcuni temi che possono
diventare riflessione comune.
D. - L’80 per cento
delle famiglie italiane possiede una Bibbia, ma solo il 30 per cento dei fedeli la
legge. La Chiesa come può tenere vivo l’annuncio della Parola?
R.
- Intanto, l’annuncio non è soltanto lettura di un libro, ma è trovare una comunità
che ti aiuti a incontrare Dio che parla. Non si può fare a meno della Parola scritta
per entrare in contatto con Dio che parla. La Chiesa, comunque, deve alzare il livello
del desiderio dell’accostare il testo. Ed oggi ci sono esperienze in tutte le diocesi
italiane dove si fanno gruppi del Vangelo, si prepara assieme l’omelia della domenica,
si leggono i testi della Bibbia in maniera ordinata, per esempio dal primo all’ultimo,
anche per tre, quattro, cinque anni. Oggi, la Chiesa sta uscendo da questa sorta di
assenza della Parola anche scritta, perchè ci sono dei laici che la chiedono in maniera
esplicita.
D. - Sono veramente cambiati i destinatari
del messaggio di Dio? E in tal caso, la catechesi come può intercettarli?
R.
- Certi destinatari cambiano sempre come cambia il mondo, come cambia la vita, come
si costruiscono nuovi modi di esistere. L’uomo, però, è sempre ricercatore di Dio,
ha sempre bisogno di ascoltare una parola che vada oltre. Non è autosufficiente: coglie
il limite della sua vita, cerca un riferimento più grande e allora, quindi, la Chiesa
non deve far mancare questo riferimento. Direi che oggi c’è una sete e bisogna che
la sorgente sia possibile raggiungerla senza tutte le palizzate che le vengono messe
attorno. La catechesi è ispirata sempre alla Parola di Dio, e deve, probabilmente,
in questi tempi, rendere ancora più evidente il suo legame con la Parola, perchè la
catechesi non è nient’alto che aiutare l’uomo ad incontrare Dio e aiutarlo a costruirsi
una struttura di pensiero che gli permetta di rendere questa Parola di Dio un elemento
portante della sua vita, dei suoi rapporti con gli altri, della società che costruisce.
D. - Nelle esperienze di ascolto della Parola, che
ruolo possono avere i mass media?
R. - Nella nostra
settimana di aggiornamento, abbiamo affrontato anche questo tema, soprattutto puntando
l’attenzione sulla televisione, che è l’elemento che comunica di più oggi all’interno
delle nostre case, in termini molto popolari. E abbiamo anche colto come sia uno strumento
delicato. Bisogna, comunque, rischiare: non si può lasciare la gente senza un minimo
di conoscenza della Storia della salvezza, senza potersi rifare a questi grandi simboli,
modelli di persone, di eventi, che hanno segnato la storia dell’uomo. A noi, allora,
è richiesta intelligenza e anche capacità di rischiare, di porre questa Parola dentro
i mass media, che non sono nati per creare distrazione, ma sono nati per poter aiutare
l’uomo a vivere con più dignità la sua vita e con maggiore consapevolezza il suo destino.