Verità e libertà protagoniste all'incontro del Centro "Oasis" ad Amman, in Giordania.
La riflessione del cardinale Angelo Scola
“E’ urgente creare uno spazio di dialogo aperto e franco anche per parlare di etica
della libertà”: è quanto affermato da mons. Paul Hinder, vicario apostolico d’Arabia
durante la riunione del Comitato scientifico del Centro internazionale di studi “Oasis”
che si chiude oggi ad Amman, in Giordania. Un evento tutto dedicato alla libertà religiosa
che ha registrato la partecipazione di numerosi esponenti di diversi Paesi e aree
culturali del mondo. Alessandro Gisotti ha chiesto un primo bilancio dell'incontro
al cardinale patriarca di Venezia, Angelo Scola, promotore del Centro studi
“Oasis”, raggiunto telefonicamente in Giordania:
R. – Abbiamo
affrontato subito il tema scottante della libertà religiosa intesa in senso largo,
come anche recentemente ha richiamato Benedetto XVI. Non come pura libertà di culto
ma come una libertà di espressione della propria convinzione religiosa che arrivi
fino alla libertà di conversione. Ci siamo concentrati su questi aspetti che costituiscono
il caso serio del rapporto verità-libertà soprattutto nel dialogo con l’Islam.
D.
– Quali sono i punti di convergenza per un nuovo orizzonte di dialogo più vero, più
concreto, come lei sottolineava all’inizio?
R . –
Il cammino su queste tematiche della libertà religiosa e della libertà di conversione
è sicuramente molto lungo e molto accidentato in Oriente, nei Paesi a maggioranza
musulmana, perché mancano spesso le condizioni oggettive di questa libertà di conversione,
di questa libertà di espressione della propria identità religiosa. In Occidente, invece,
siamo spesso troppo astratti nel concepire il problema. Uno dei dati più belli di
questo comitato scientifico di "Oasis" è proprio il continuo intrecciarsi tra l’ascolto
delle testimonianze delle nostre comunità cristiane in questi Paesi e il tentativo,
che è ancora molto acerbo, di riflettere su queste testimonianze. Ciò aiuta soprattutto
noi occidentali, europei e americani, a superare un certo rischio di intellettualismo
che poi fa sentire le sue conseguenze, spesso superficiali, nel modo con cui normalmente
anche tra cristiani, anche sulla nostra stampa occidentale, affrontiamo temi come
il proselitismo o il diritto alla libertà di opinione, il diritto alla libertà di
espressione. Ne deriva una concretezza nel vivere le nostre convinzioni che ha fatto
risaltare, come tema fondamentale, quello della testimonianza cristiana intesa in
un senso profondo, non solo come azione testimoniale ma anche come riflessione su
questa azione.
D. – Quali aspettative, quali frutti
si possono avere da questo evento?
R. – Le aspettative
si intuiscono bene dalla messa a punto di sei strumenti con cui il centro "Oasis"
opererà nel prossimo quinquennio. Sono anzitutto una cura del soggetto comunionale
che fa "Oasis" e che comprende una presenza di circa 80 persone provenienti da più
di venti Paesi, la rivista cartacea, il potenziamento della newsletter, l’utilizzo
più articolate del sito web di "Oasis", l’elaborazione di ricerche, la pubblicazione
di libri che siano esito di queste ricerche e la programmazione di eventi che si possano
fare in diversi Paesi sotto il patrocinio di Oasis.