Giornata mondiale dei rifugiati. Mons. Marchetto: le leggi internazionali difendono
sempre meno i diritti dei profughi
Si celebra oggi la Giornata mondiale dei Rifugiati, promossa dall’ONU, che quest’anno
pone l’accento sulla necessità fondamentale di fornire protezione a profughi e sfollati.
Oggi nel mondo sono oltre 37 milioni le persone costrette a fuggire dalle proprie
città o dai propri Paesi a causa delle persecuzioni. C'è stato dunque un aumento per
la prima volta dopo cinque anni. Ascoltiamo in proposito Laura Boldrini, portavoce
in Italia dell’Alto Commissariato dell’ONU per i rifugiati (ACNUR), al microfono di
Fabio Colagrande: R.
– C’è stato un aumento di circa due milioni e mezzo di persone. Molto, purtroppo,
si deve al caos iracheno che continua a generare persone in fuga. Io devo ricordare
che quello che sta accadendo in Iraq è quanto di più allarmante: siamo di fronte al
più grande spostamento di popolazione in Medio Oriente dal 1948, quando venne istituito
lo Stato d’Israele. Parliamo di circa quattro milioni e mezzo di persone fuori dalle
proprie abitazioni, di cui una metà all’interno del Paese e un’altra metà nei Paesi
confinanti: la Siria e la Giordania che, notoriamente, sono Paesi che non hanno grandi
risorse e che quindi si trovano a gestire questa fuga che diventa anche un pesante
fardello, un onere difficile. Per questo la comunità internazionale dovrebbe farsi
carico anche nell’aiutare economicamente questi Paesi che hanno dei servizi che vengono
messi a dura prova, specialmente l’istruzione, la sanità, mentre ci sembra che non
ci sia stata tanta attenzione a questo! D. – Quest’anno, nel
sessantesimo anniversario della Dichiarazione universale dei Diritti dell'Uomo e,
in Italia, della Costituzione repubblicana, l’ACNUR ha voluto dedicare la Giornata
mondiale al tema della protezione: cosa significa? R. – Sì:
protezione come tutela del diritto d’asilo, fondamentalmente, come tutela di questo
diritto e contro i tentativi di erosione di questo diritto; protezione significa anche
un riparo, un aiuto a queste persone: un aiuto materiale, concreto. Noi sentiamo tanti
rifugiati che a volte ci dicono: “Sì, siamo venuti, abbiamo rischiato la vita nel
Canale di Sicilia, siamo scappati dalle persecuzioni nel nostro Paese, siamo grati
all’Italia di averci dato la possibilità di vivere in sicurezza. Però, noi abbiamo
solo un pezzo di carta che ci consente di fare questo”, e quindi lamentano la difficoltà
di conoscere il sistema Paese, di essere avviati a un percorso di autonomia. Questi
rifugiati, che vorrebbero stare a casa propria e non hanno il privilegio di farlo,
vengono qui per vivere di assistenzialismo o per gravare sulle casse dello Stato;
non è questo il motivo per cui sono qui. Sono qui perché non hanno avuto scelta, e
vorrebbero essere autonomi come lo erano nel loro Paese e svolgere la loro vita e
mettere anche a disposizione del Paese le loro esperienze e il loro “valore aggiunto”
... Sulla Giornata mondiale dei rifufgiati ecco la riflessione
dell'arcivescovo Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio della
pastorale per i migranti e gli itineranti, intervistato da Giovanni Peduto:
R. – Oltre
alla celebrazione della Giornata mondiale del migrante e del rifugiato nella Chiesa
cattolica, il prossimo anno, il 18 gennaio, vi è anche quella della famiglia delle
Nazioni Unite che si occupa dei rifugiati, il 20 giugno. Noi pure in questa data ci
uniamo al ricordo dei rifugiati, dei richiedenti asilo, dei profughi, di chi è oggetto
o soggetto del traffico degli esseri umani, un fenomeno di schiavitù moderna, purtroppo,
in grande espansione. Le ultime cifre, fornite dalle Nazioni Unite a questo riguardo
sono preoccupanti. In effetti, in soli due anni, parlando di rifugiati, sotto l’ala
protettrice dell’Alto Commissariato, il numero è passato da 9,9 a 11,4 milioni. Quello
degli sfollati, poi, raggiunge i 26 milioni, di cui la metà è in Africa. A questo
proposito, è recente il nostro primo Congresso di delegati di Conferenze episcopali
di quel continente, che si occupano della pastorale dei migranti, che ha pubblicato
il cosiddetto appello di Nairobi, che è un toccante messaggio di invito, specialmente
all’Europa, a globalizzare la solidarietà, e la prima espressione della solidarietà
con i rifugiati è la protezione. Che questo sia il tema di riflessione affidato quest’anno
alla nostra considerazione dalle Nazioni Unite è significativo, mi pare, poiché ci
richiama il bisogno fondamentale di chi è perseguitato. La prima radice della legislazione
internazionale, seppur ben rodata, è oggi messa in crisi da sue interpretazioni a
ribasso. Chiedevo recentemente ai rappresentanti d’Europa un supplemento di anima,
un colpo di reni, per un non scendere ai livelli di protezione non più compatibili
con il suo umanesimo, con il suo essere portabandiera nel mondo di un umanesimo che
alla fine per noi è evangelico. Proteggere è un atto dovuto a chi è perseguitato e
ha il diritto di essere protetto. Assumiamolo anche oggi, pure in epoca non facile
di flussi migratori misti.