Al Congresso eucaristico internazionale le riflessioni di Jean Vanier e dei cardinali
Dziwisz e Hummes. Domani l'omelia di chiusura in videoconferenza di Benedetto XVI
Saranno le parole di Benedetto XVI a suggellare domani il 49.mo Congresso eucaristico
internazionale di Québec, in Canada. Il Papa terrà l’omelia in videoconferenza da
Roma della Messa Statio Orbis, che sarà celebrata nelle “Plaine d’Abraham”
della metropoli canadese. Molte le personalità ecclesiali intervenute in questi giorni
per offrire alle migliaia di persone che hanno partecipato al Congresso una riflessione
ispirata al tema principale “L’Eucaristia, dono di Dio per la vita del mondo”. Ce
ne parla Alessandro De Carolis:
Un bambino
di Parigi, affetto da handicap mentale, riceve la Prima Comunione. Alla fine della
Messa, suo zio, il padrino, rivolgendosi alla madre commenta: “Che bella liturgia!
Com’è triste che non abbia capito nulla”. Il bambino sente queste parole e
con le lacrime agli occhi si volta verso la madre: “Non preoccuparti, mamma, Gesù
mi ama per come sono”. Ha commosso i presenti con questo racconto di vita vissuta
il fondatore della comunità dell’Arca, Jean Vanier, un’esistenza spesa per l’accoglienza
dei diversamente abili in tutto il mondo. “Questo bambino aveva una saggezza alla
quale lo zio non era ancora arrivato: l'Eucaristia è il dono di Dio per eccellenza”,
ha osservato Jean Vanier, che ha definito quel ragazzino di Parigi un “testimone del
fatto che la persona con handicap, a volte grave, trova vita, forza e consolazione
'in e attraverso' la comunione eucaristica”. Il fondatore dell’Arca ha poi auspicato
che il Congresso eucaristico internazionale aiuti a far riscoprire il “dono dell'amicizia
di Gesù nella sua presenza reale nell'Eucaristia” e sproni tutti a vivere “una presenza
reale accanto alle persone deboli e rifiutate”.
Sull’aspetto
dell’Eucaristia come “memoriale”, ricordo del sacrificio di Gesù si è soffermato l’arcivescovo
di Cracovia, Stanislaw Dziwisz, uno dei 50 cardinali e degli oltre 100 presuli presenti
al Congresso di Québec. “'Io commemoro, io ricordo, in modo eucaristico' significa
che non sono in qualsiasi luogo, ma nel centro della Chiesa, nel cuore dell'uomo e
nel cuore di Dio stesso”, ha affermato il cardinale Dziwisz, che ha messo in guardia
i credenti dal vivere come “meri spettatori” la vicenda salvifica del Calvario. “'Io
ricordo' - ha osservato - significa che anch'io faccio presente questo mistero qui,
dove sono” e dunque “ho un'immagine e una testimonianza viva della morte e resurrezione
di nostro Signore”. Saremmo “ingrati nei confronti dell'Eucaristia - ha proseguito
il porporato - se la limitassimo agli altari di tutto il mondo”. Ed ha invitato i
cristiani ad entrare nel mistero: “Rimanere al confine dell'oceano - ha concluso -
significa dire di fatto che non c'è niente di nuovo al di là dell'orizzonte. Credere
che l'Eucaristia sia un mistero è non stancarsi mai di conoscere il transito pasquale
di nostro Signore in modo più profondo”.
Sui risultati
di questo Congresso eucaristico, giunto in diirttura d'arrivo, si sofferma il cardinale
Claudio Hummes, prefetto della Congregazione per il Clero, intervistato dalla
nostra invita a Québec, Viktoria Somogyj:
R. – Il Congresso
eucaristico internazionale ovviamente ha sempre un effetto molto forte, perchè conferma
nella fede, una fede concreta, una fede calda, del cuore. E’ sempre il primo grande
risultato, che noi non vediamo e non si può misurare, ma che è sempre là. La società,
vedendo tutto questo, si pone di nuovo le grandi questioni. Alle volte si pensa che
la società sia totalmente indifferente, ma no, la gente comincia a pensare: "perchè
tante persone credono, perchè sono gioiose, perchè pregano, perchè si riuniscono?"
Questo mette in testa a tanta gente, che forse si era allontanata dalla fede, dalla
pratica della fede, o non ce l’aveva più, di nuovo queste domande. Io dico sempre
che questo, per esempio, è il grande risultato dell’attuale lavoro di Papa Benedetto
XVI. Tanta gente, anche del mondo intellettuale, pensava forse che certe questioni
religiose fossero ormai una cosa del passato, e invece adesso vedono che così non
è e si pongono di nuovo le grandi questioni. E il Papa ogni tanto ritorna sulla questione
che la fede ha una razionalità, che Dio è la grande spiegazione di tutto, e che Lui
è la Luce, è il Logos, l’unico che può dare ragione alle cose e che questa ragione
profonda che spiega tutte le cose è l’Amore. Qui, abbiamo di nuovo la questione che
l’Eucaristia è profondamente un mistero di amore, un mistero di amore che riunisce
le persone, come una grande famiglia di Dio, come una famiglia, come dei fratelli
che si riuniscono attorno ad un tavolo. E, quindi, è fermento dell’unità dell’umanità.
E il grande sogno dell’umanità è quello di diventare una grande famiglia, capace di
sedersi ad un tavolo come fanno i fratelli, come fa una famiglia. Io credo che il
Congresso eucaristico abbia soprattutto questo grande effetto. Poi credo che qui in
Canada, ma anche in tutto il mondo, questo sarà una spinta per la missione, la spinta
di andare di nuovo e non solo aspettare che la gente venga, non solo attendere. Molte
volte le nostre strutture pastorali accolgono coloro che vengono, ma adesso sempre
di più siamo spinti, ed invitati dal Papa, anche dal Papa precedente e dalla Chiesa,
ad essere capaci di alzarci ed andare, cercare la gente là dove la gente vive, soprattutto
i nostri battezzati, che noi abbiamo battezzato, ma che mai abbiamo condotto al tavolo
del Signore. Non li abbiamo seguiti e non siamo stati capaci di evangelizzarli sufficientemente.
Sono stati battezzati, con il diritto di essere evangelizzati da noi, e noi non siamo
stati capaci di farlo per tanti motivi storici, concreti. Oggi, però, c’è di nuovo
questa spinta. Dobbiamo alzarci e la comunità locale deve essere capace di organizzarsi
e partire dalla Mensa eucaristica per la missione, per raggiungere di nuovo la gente
nelle case, nelle famiglie, dove lavorano, a tutti i livelli delle istituzioni della
vita sociale. L’Eucaristia è una grande forza di missione.