Il Consiglio europeo a Bruxelles rinvia ad ottobre il dibattito sul Trattato di Lisbona
Sono appena terminati a Bruxelles i lavori del Consiglio europeo. I 27 dovevano indicare
la strada che intendono seguire per superare la crisi istituzionale apertasi con il
"no" dell'Irlanda alla ratifica del Trattato di Lisbona. In primo piano anche l'emergenza
prezzi. Nella bozza conclusiva del vertice, i Paesi europei hanno chiesto più tempo
per superare l’empasse, rinviando tutto al summit di ottobre. Il servizio di Marco
Guerra:
Più tempo
per risolvere la crisi istituzionale aperta dal "no" irlandese al Trattato di Lisbona
e azioni immediate per affrontare i problemi dei cittadini, in particolare l'emergenza
dei prezzi. È quanto concordato dai leader europei nella bozza conclusiva del vertice
che si è concluso oggi a Bruxelles. Per quanto riguarda le soluzioni alla bocciatura
del referendum di Dublino si è rimandato tutto al prossimo summit del 15 ottobre,
il primo sotto presidenza francese, ma si è anche preso atto dell’impossibilità di
fermare il percorso di ratifica del testo di Lisbona, già completato in 19 Stati membri.
Intanto, il presidente francese Sarkozy, che assumerà la presidenza di turno
dal 1 luglio, ha fatto sapere che intende lavorare insieme all'Irlanda, dove
si recherà proprio a luglio, per trovare una soluzione senza alcuna forzatura. Ma
sulla strada della presidenza francese, come ha fatto notare lo stesso Sarkozy, c’è
l’incognita Repubblica Ceca, il cui processo di ratifica è legato al parere della
Corte Costituzionale del Paese che si esprimerà a settembre. Infine, sul fronte economico,
i 27 ieri hanno dato mandato alla Commissione europea di approfondire l'analisi delle
misure con cui fare fronte all'emergenza inflazione, determinata dall'impennata dei
prezzi dei carburanti e dei prodotti alimentari. Anche il risultato di questo lavoro
della Commissione sarà esaminato dal vertice di ottobre.
Afghanistan Ancora
violenze in Afghanistan. Un soldato della coalizione e undici civili sono rimasti
uccisi in un attentato suicida contro una pattuglia della NATO, nella provincia meridionale
di Helmand, dove un kamikaze si è fatto esplodere al di fuori di un bazar nel distretto
di Gereshk. L'attacco è stato rivendicato dai talebani.
Medio Oriente Continua
il difficile lavoro della diplomazia in Medio Oriente. La prossima settimana, il premier
israeliano Olmert si recherà in Egitto per definire la questione del valico di Rafah,
mentre il Libano ha detto no alla richiesta di colloqui diretti, avanzata due giorni
fa dal governo dello Stato Ebraico. Intanto, nei Territori, per il momento regge la
tregua tra Israele e Hamas, entrata in vigore da poco più di 24 ore nella Striscia
di Gaza, anche se i palestinesi denunciano alcune violazioni. Il clima sul terreno
resta quindi teso. Israele e Hamas minacciano il ritorno alle armi anche di fronte
ad una minima violazione. Ma come vive la gente questa situazione di incertezza? Claire
Malapert, della nostra redazione francese, ha intervistato padre Manuel Mussalam,
unico parroco cattolico a Gaza:
R. – Le
cessez–le-feu…. Il cessate-il-fuoco non significa in nessun caso che la
pace sia consolidata, ma la gente è contenta, perchè c’è una piccola speranza in un
tempo di disperazione.
D. – A proposito della situazione
umanitaria, c’è una speranza di togliere i blocchi?
R.
– On l’espère… Lo speriamo. Oggi, per esempio, gli israeliani hanno fatto
passare il combustibile in quantità equivalente a quella che facevano passare in precedenza.
Speriamo che le frontiere prima o poi siano aperte.
D.
– E le persone, comunque, cominciano a sperare?
R.
– Vous savez, on parle beaucoup… Si dicono molte cose in giro, ma la gente
è ancora molto scettica, perché anche nel passato ci sono stati momenti di tregua,
segni di speranza per la popolazione, ma non sono stati duraturi. Si parla sempre
di qualche ora, di quale giorno, di qualche settimana o – forse – di qualche mese.
La tregua così non è una marcia verso la pace, non vuol dire fermare la guerra; così
come a volte fermare la guerra non vuol dire camminare verso la pace.
USA:
inchiesta mutui subprime Sessanta persone arrestate e 406 incriminate: sono
i numeri dell’operazione condotta dalle autorità federali statunitensi nell’ambito
dell’inchiesta sul fallimento dei fondi speculativi, che ha innescato la crisi dei
"subprime" . I casi di frode accertati sarebbero oltre 140 per una perdita totale
di circa un miliardo di dollari. A finire in manette, tra gli altri anche due ex manager
di "Bear Stearns", accusati di frode, complotto e insider trading. I due rischiano
fino a 40 anni di carcere. Zimbabwe Un impegno per portare
avanti a oltranza la lotta contro il regime di Robert Mugabe: è questa la decisione
del "Movimento Democratico per l’opposizione", guidato da Morgan Tsvangirai, presa
in vista del ballottaggio delle presidenziali in programma per il 27 giugno. “Ritirarsi
non serve a nulla”, ha detto il portavoce Innocente Gonese, smentendo la BBC che insiste
sul ritiro del leader dell’opposizione dalla sfida. Secondo il network britannico,
infatti, Tsvangirai starebbe per cedere alle pressioni del governo per evitare altre
possibili aggressioni contro esponenti dell’opposizione. Nel frattempo, i giudici
hanno confermato il reato di sovversione (che potrebbe sfociare in una condanna a
morte) per Tendai Biti, numero due del "Movimento Democratico per l’opposizione",
arrestato il 12 giugno scorso all’aeroporto di Harare, al ritorno dal Sudafrica.
Thailandia E'
di almeno dieci morti il bilancio dello schianto al suolo di un elicottero militare
nel sud della Thailandia, teatro di una sanguinosa insurrezione dei ribelli separatisti
musulmani. Un portavoce dell’esercito ha assicurato, però, che all'origine dell'incidente
c'è stata una semplice avaria al motore. A bordo viaggiavano anche sei medici. Avrebbero
dovuto raggiungere una zona dove poche ore prima si era combattuta l'ennesima battaglia
tra insorti e forze di sicurezza. Intanto, da stamani la polizia sta fronteggiando
migliaia di manifestanti che hanno inscenato a Bangkok una protesta contro il governo,
per la forte crisi economica e l'aumento dei prezzi.
Cina fiaccola A
cinquanta giorni dalla cerimonia di apertura dei giochi di Pechino, prosegue il tormentato
viaggio della fiaccola olimpica. Domani, dovrebbe passare per Lhasa, capitale del
Tibet. Nei mesi scorsi si sono registrati scontri e proteste ed è di ieri la notizia
che in Nepal, la polizia ha arrestato 500 manifestanti che contestavano la tappa tibetana
della fiaccola. (Panoramica internazionale a cura di Marco Guerra)
Bollettino
del Radiogiornale della Radio Vaticana Anno LII no. 172
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