Veglia di preghiera a Santa Maria in Trastevere in memoria degli immigrati vittime
dei viaggi della morte verso l'Europa
Si svolgerà questa sera nella Basilica romana di Santa Maria in Trastevere la preghiera
ecumenica in memoria degli immigrati vittime dei viaggi della morte verso l’Europa.
Il rito, che si svolgerà sul tema "Morire di speranza", inizierà alle 18.30 e sarà
presieduto dal cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del Pontificio Consiglio
della pastorale per i migranti. La preghiera si tiene in occasione della Giornata
Mondiale del Rifugiato che si celebra domani, ed è promossa dal Centro Astalli e dalla
Comunità di Sant’Egidio, insieme alla Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia
e alla Fondazione Migrantes della CEI. Sullo scopo di questa veglia Fabio Colagrande
ha sentito il padre scalabriniano Gianromano Gnesotto, direttore dell’Ufficio
Nazionale per gli immigrati e i profughi di Migrantes:
R. –
Lo scopo è quello di dare un nome ed una provenienza alle vittime del Mediterraneo,
perchè altrimenti questo, che viene chiamato da tutti “cimitero”, è senza croci e
senza nomi e quindi senza la dignità della persona. Il sentimento che ci deve animare
nei confronti di queste tragedie personali fanno sì che possiamo pregare per queste
vittime, cercando di dare loro un nome ed una identità. Alla fine della preghiera
ecumenica, faremo un appello, un appello scritto, di tutte le Associazioni cristiane,
in cui si dice che come cristiani ci sentiamo anzitutto interiormente lacerati di
fronte a queste tragedie e sensibili, per cercare poi di fare la nostra parte. Anche
come cittadini sentiamo lo stesso sentimento e chiediamo a coloro che hanno responsabilità,
alle istituzioni e a tutti gli uomini di buona volontà di rendere possibile le politiche
di solidarietà, di accoglienza e di rispetto verso i richiedenti asilo, impegnandosimaggiormente per quella cooperazione allo sviluppo e per sanare situazioni che
poi spingono di fatto a questa fuoriuscita delle persone dal loro Paese.
E
sul fronte dell'immigrazione, la COMECE, la Commissione degli Episcopati della Comunità
Europea, esprime le proprie forti riserve sulla direttiva approvata ieri dall'Europarlamento
sui rimpatri degli immigrati irregolari: una direttiva - si dice – che "non tiene
conto della situazione di molti immigrati”. I vescovi europei chiedono invece che
“sia rispettata la dignità di ogni essere umano”. Massimiliano Menichetti ha
raggiunto telefonicamente a Bruxelles, Alessandro Calcagno, esperto di immigrazione
della COMECE:
R. –
Intendiamo ribadire il fatto che la necessità di uno strumento in tema di rimpatrio
di immigrati - che preferiamo chiamare irregolari e non illegali – permane, ma permangano
anche le forti preoccupati che erano state espresse nella prima lettera inviata l’8
gennaio al presidente dell’Unione Europea, al presidente dalla Commissione Europea
e al presidente del Parlamento Europeo. Preoccupazioni, queste, che sono poi state
ribadite con la lettera del 30 maggio. La valutazione rimane quindi negativa per quanto
riguarda la detenzione amministrativa degli immigrati irregolari, che può arrivare
in alcuni casi fino a 18 mesi e relativamente al divieto di reingresso dell’Unione
con un limite quinquennale che può – in alcuni casi – andare oltre i cinque anni.
In quest’aspetto ci preoccupa il possibile effetto negativo sul diritto a richiedere
asilo.
D. – La maggioranza degli europarlamentari
che hanno votato per la direttiva, sottolineano che il documento rispetta i diritti
umani perchè prevede anche il ricorso per gli espulsi…
R.-
Pensiamo che si sarebbe potuto fare ancora di più per proteggere la dignità umana.
Abbiamo sottolineato anche che lo spazio per ricorrere al rimpatrio volontario non
è sufficiente in base al testo. La valutazione sul testo rimane, dunque, sostanzialmente
negativa, anche se non abbiamo mai chiesto che la direttiva venisse completamente
accantonata. Ma si poteva fare di più.
D. – Dopo
questo documento, quale scenario si apre?
R. – E’
uno scenario da non disprezzare, nel senso che si tratta di uno strumento necessario
e in un settore molto importante. Si aprono, però, scenari anche molto preoccupanti
per quanto riguarda la possibilità di ricorrere in maniera più – diciamo - pesante
alla detenzione amministrativa degli irregolari.
D.
– Qual è, dunque, il vostro auspicio?
R. – Che l’Unione
Europea capisca che la strada da percorrere non è esattamente quella che si sta percorrendo
in questo momento. Non c’è che da sperare che nei 27 Paesi dell’Unione Europea si
tenga nella massima considerazione quella che è la situazione degli immigrati, prestando
particolare attenzione al rispetto della dignità umana.