Seminario in Vaticano sul tema "La politica, forma esigente di carità". Il cardinale
Martino: i politici siano al servizio della persona
Inizia domani in Vaticano un Seminario internazionale di due giorni organizzato dal
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace sul tema “La politica, forma esigente
di carità”. Vi prenderanno parte una sessantina di esperti tra politologi e personalità
impegnate nel sociale. Si parlerà tra l’altro di ideologie forti e politica debole,
valori indisponibili e pluralismo, laicità e biotecnologie. Inaugura l’incontro il
cardinale Renato Raffaele Martino, presidente del dicastero. Giovanni Peduto
gli ha chiesto il significato del tema scelta per il seminario, la politica come forma
di carità:
R.
- Abbiamo scelto di usare la ben nota espressione con la quale Papa Paolo VI definì
la politica, per sottolineare, da una parte il significato profondo dell’esercizio
della politica come servizio alla persona umana, protagonista di una convivenza basata
sull’amicizia civile e sulla fraternità e, dall’altro, la stima e la considerazione
che la Chiesa nutre per coloro che si dedicano, appunto, a tale servizio, assumendosi
il peso delle rispettive responsabilità.
D. - Ecco,
in realtà, a leggere i giornali, i politici non sembrano godere buona stampa e la
stima della Chiesa nei loro confronti non sembra essere molto condivisa…
R.
- In effetti, si potrebbe dire che i politici siano i primi a subire quella crisi
della politica che trova origine, come sottolinea il Santo Padre, nella crisi della
“ragione politica”. Nell’incapacità, cioè, di riconoscere come evidente il diritto
naturale, e, di conseguenza, il fatto che esista una ragione comune a tutti gli uomini,
almeno nei grandi ordinamenti fondamentali dei valori. Da qui, l’esigenza, particolarmente
avvertita da parte della Chiesa, di ribadire l’esistenza di valori indisponibili,
di valori non negoziabili, anche nella situazione di pluralismo culturale che caratterizza
i nostri tempi. Anche di questo si parlerà durante il nostro incontro.
D.
- Un altro argomento in programma e che sta molto a cuore al Santo Padre è quello
della laicità…
R. - Certamente, la questione della
laicità è alla base di ogni impegno socio-politico del cristiano e ha origine nel
principio di autonomia sancito dall’unico pronunciamento esplicito, per così dire,
di “teoria politica e sociale” fatto da Gesù Cristo nel dirimere il problema del tributo
dovuto a Cesare. Si tratta, quindi, di inquadrare correttamente il rapporto fra vita
di fede e mondo, fra sfera religiosa e sfera politica, nell’ottica di quanto indicato
dal Santo Padre nella Deus Caritas est. Lì, trattando del rapporto fra Chiesa e Stato,
il Papa parla di due sfere distinte ma sempre in relazione reciproca.
D.
-Un accenno, infine ai relatori. Eminenza, ce ne può dire qualcosa?
R.
- Prima di tutto, come si può vedere scorrendo il programma, tutti i relatori, salvo
mons. Bruguès, il segretario della Congregazione per l’Educazione Cattolica, sono
laici. Infatti, come è detto nella Gaudium et Spes, è ai laici che spettano primariamente,
anche se non esclusivamente, gli impegni e le attività temporali. Inoltre, si è cercato
di bilanciare studiosi - il prof. Riccardi e il prof. Morandé, con politologi - quali
Thierry Boutet e Marguerite Peeters - con specialisti in determinate discipline -
prof. Bruni, economista, e la dottoressa Romero Paredes biogenetista – e, infine,
con politici in servizio effettivo ad alto livello, il parlamentare statunitense,
Chris Smith e il ministro degli Esteri del Gabon, signora, Gondjout.