Dialogare con il mondo della scienza per allargare la ragione a difesa della vita:
così, mons. Rino Fisichella all’indomani della nomina a presidente dell’Accademia
per la Vita
Un’istituzione che, mantenendo la sua caratteristica di organismo di ricerca, esprime
l’impegno della Chiesa per la promozione della difesa della vita di ogni essere umano.
Questa, in estrema sintesi, la natura particolare della Pontificia Accademia per la
Vita, voluta e istituita da Giovanni Paolo II nel febbraio del 1994 con il motu proprio
Vitae Mysterium. Da ieri, il dicastero vaticano per la vita ha un nuovo presidente:
il rettore della Lateranense, mons. Rino Fisichella, elevato da Benedetto XVI
alla dignità arcivescovile a sottolineare l’importanza dell’incarico. In questa intervista
di Alessandro Gisotti, mons. Fisichella si sofferma sulle sfide che oggi è
chiamata ad affrontare un’istituzione quale l’Accademia “Pro Vita”:
R. – L’Accademia
per la Vita, come noi sappiamo, tocca i temi più delicati e sensibilmente etici come
vengono chiamati oggi, che sono sul tappeto e non soltanto in Italia, ma in tutto
l’Occidente. E’ questa una responsabilità che mi sembra debba anche coniugarsi con
la capacità di poter guardare al futuro, non soltanto interpretandolo, ma anche trovando
tutte le forme per fare in modo che la visione cristiana della vita possa essere accolta
ed accettata anche da persone che vivono scelte differenti e con culture diverse.
D.
– Quali sono, secondo lei, i temi più sensibili all’ordine del giorno, che si troverà
ad affrontare nel suo nuovo incarico?
R. – Anzitutto
non possiamo dimenticare il tema della vita sic et simpliciter, con tutte le
sue implicazioni: c’è il tema della sperimentazione sulla cellula umana; c’è il tema
dell’eutanasia. Bisogna essere capaci, a mio avviso, in questi casi, di ritrovare
delle priorità, soprattutto nella consapevolezza che sul tema della vita non possiamo
lavorare da soli, ma abbiamo bisogno di un lavoro comune, perchè la vita umana riguarda
tutti e non soltanto un gruppo di persone.
D. – Proprio
riprendendo queste sue ultime parole… la difesa della vita – ci ha ricordato più volte
Benedetto XVI – è un valore non confessionale, che appartiene a tutti. Eppure oggi
sembra essere minato da più parti. Come promuovere, dunque, un’autentica cultura della
vita che sia universale?
R. – A me sembra che la
grande riscoperta che dobbiamo fare sia quella dei principi fondamentali della legge
naturale. Quest’anno, proprio nel 60.mo della Dichiarazione dei diritti universali,
il richiamo alla legge naturale diventa obbligatorio perchè quei diritti sono stati
formulati in questo modo proprio alla luce della consapevolezza che ci sono dei principi
che vanno al di là delle confessioni, delle etnie, delle scelte politiche ed hanno
un denominatore comune che tocca ogni persona in qualsiasi parte della terra.
D.
– Molti considerano le posizioni della Chiesa sulla vita, come un “no” al progresso
scientifico. Come smontare questo pregiudizio e come opererà lei in questo senso all’Accademia
per la Vita?
R. – Ritengo si debba sviluppare un
principio positivo. La Chiesa guarda, contrariamente a quello che tante volte viene
detto, con estrema attenzione e fiducia alla scienza. Ma la scienza deve essere anche
consapevole che non è l’ultima risposta che può essere data alle esigenze delle persone.
La scienza è uno strumento, la scienza è una di quelle fondamentali acquisizioni che
l’uomo ha conquistato. Penso, quindi, che noi dovremmo recuperare un rapporto positivo
con la scienza, ma dovremmo anche essere capaci di far comprendere agli scienziati
che nessuno di noi può sostituirsi all’azione creativa di Dio.
D.
– Proprio in questi ultimi tempi, d’altro canto, ci sono molti intellettuali anche
non cattolici che nell’interrogandosi sulle grandi questioni della bioetica si trovano
in sintonia con gli insegnamenti della Chiesa. Quali sviluppi possibili da questo
confronto?
R. – Anzitutto credo che sia da incrementare
questo confronto, perchè più diamo forza alla ragione e – come dice il Papa – più
allarghiamo gli orizzonti della ragione e più siamo anche capaci di condividere posizioni
comuni e penso anche di trovare forme per la promozione della vita.